Tre strade per salvare i Comuni

l’editoriale Mezzogiorno, 2 aprile 2022 – 09:11 di Leonardo Palmisano Lo scioglimento o il commissariamento dei Comuni per gravi infiltrazioni mafiose non è cosa da poco, né può essere raccontato come una scelta eminentemente politica, dal momento che ogni scioglimento è preceduto da un accesso agli atti da parte di una macchina tecnica. La commissione di accesso stende una relazione che può favorire o sfavorire l’intervento del governo. Fatta questa premessa, i recentissimi scioglimento e commissariamento per mafia di Trinitapoli – territorio che ha una tradizione mafiosa molto forte in virtù della sua posizione geopolitica nelle mafie pugliesi, tra una Bat che consuma le sostanze stupefacenti e la costa che le importa dall’Albania – rappresentano soltanto l’ultimo evento che ha travolto un’amministrazione pugliese. La Puglia è la regione con il numero più alto di Comuni sciolti per mafia e quella con un capoluogo di provincia, Foggia, commissariato per infiltrazione mafiosa. Quando erano ancora sciolti Manduria, Manfredonia e Cerignola, la Puglia totalizzava il primato nazionale dei grandi Comuni destituiti per mafia. La si può pensare come la si vuole, ma lo scioglimento di un Consiglio comunale rappresenta una sconfitta intera per la democrazia del luogo. Non una sconfitta qualunque, ma un vulnus socio-istituzionale che provoca altri vuoti: di credibilità, di solvibilità, di affidabilità. Recuperare, risalire la china, rimettersi in gioco dentro una politica sana e un’economia risanata non è mai facile, soprattutto quando la politica deposta non ci sta ad accettare una sconfitta di tale portata. Negli ultimi mesi, prima di Trinitapoli, è stato sciolto Ostuni, in un territorio che fu capitale del contrabbando, prima vera mafia pugliese internazionalizzata, e che attrae turisti ed investimenti sulla costa. Accanto a Ostuni c’è un altro Comune commissariato per mafia, Carovigno, per vicende che concernono, guarda un po’, i servizi privati sulla costa. Questi tristi primati rivelano fatti e richiedono risposte. Il primo fatto: ci sono relazioni tra le mafie e la politica che non si generano dentro le sedi di partito, ma dentro il rapporto personale tra eletto e crimine, pertanto le mafie si giovano della personalizzazione della politica. Ergo la prima risposta è il ripopolamento dei partiti, della politica territoriale, con un nuovo orientamento di valore e tanta partecipazione. Il secondo fatto: esiste una questione morale negli apparati dell’amministrazione pubblica. La risposta è una maggiore attenzione etica per la selezione del personale di governo e di sottogoverno degli organismi burocratici locali. Il terzo fatto: le mafie intervengono dove c’è una radice antropologica e un consolidato rapporto tra poteri. Di conseguenza è necessario riconoscere la densità storica delle mafie in un territorio per riconoscerne gli interventi e favorirne la denuncia e l’isolamento. Si tratta di tre risposte possibili, politicamente rilevanti, che necessitano di interventi preventivi, più che repressivi. Di una prevenzione sociale e culturale, che deve approfittare delle risorse morali e intellettuali a disposizione per rimettere in moto la macchina democratica. Macchina, questa sì, che non è tecnica, ma tutta politica. 2 aprile 2022 | 09:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-02 07:11:00, l’editoriale Mezzogiorno, 2 aprile 2022 – 09:11 di Leonardo Palmisano Lo scioglimento o il commissariamento dei Comuni per gravi infiltrazioni mafiose non è cosa da poco, né può essere raccontato come una scelta eminentemente politica, dal momento che ogni scioglimento è preceduto da un accesso agli atti da parte di una macchina tecnica. La commissione di accesso stende una relazione che può favorire o sfavorire l’intervento del governo. Fatta questa premessa, i recentissimi scioglimento e commissariamento per mafia di Trinitapoli – territorio che ha una tradizione mafiosa molto forte in virtù della sua posizione geopolitica nelle mafie pugliesi, tra una Bat che consuma le sostanze stupefacenti e la costa che le importa dall’Albania – rappresentano soltanto l’ultimo evento che ha travolto un’amministrazione pugliese. La Puglia è la regione con il numero più alto di Comuni sciolti per mafia e quella con un capoluogo di provincia, Foggia, commissariato per infiltrazione mafiosa. Quando erano ancora sciolti Manduria, Manfredonia e Cerignola, la Puglia totalizzava il primato nazionale dei grandi Comuni destituiti per mafia. La si può pensare come la si vuole, ma lo scioglimento di un Consiglio comunale rappresenta una sconfitta intera per la democrazia del luogo. Non una sconfitta qualunque, ma un vulnus socio-istituzionale che provoca altri vuoti: di credibilità, di solvibilità, di affidabilità. Recuperare, risalire la china, rimettersi in gioco dentro una politica sana e un’economia risanata non è mai facile, soprattutto quando la politica deposta non ci sta ad accettare una sconfitta di tale portata. Negli ultimi mesi, prima di Trinitapoli, è stato sciolto Ostuni, in un territorio che fu capitale del contrabbando, prima vera mafia pugliese internazionalizzata, e che attrae turisti ed investimenti sulla costa. Accanto a Ostuni c’è un altro Comune commissariato per mafia, Carovigno, per vicende che concernono, guarda un po’, i servizi privati sulla costa. Questi tristi primati rivelano fatti e richiedono risposte. Il primo fatto: ci sono relazioni tra le mafie e la politica che non si generano dentro le sedi di partito, ma dentro il rapporto personale tra eletto e crimine, pertanto le mafie si giovano della personalizzazione della politica. Ergo la prima risposta è il ripopolamento dei partiti, della politica territoriale, con un nuovo orientamento di valore e tanta partecipazione. Il secondo fatto: esiste una questione morale negli apparati dell’amministrazione pubblica. La risposta è una maggiore attenzione etica per la selezione del personale di governo e di sottogoverno degli organismi burocratici locali. Il terzo fatto: le mafie intervengono dove c’è una radice antropologica e un consolidato rapporto tra poteri. Di conseguenza è necessario riconoscere la densità storica delle mafie in un territorio per riconoscerne gli interventi e favorirne la denuncia e l’isolamento. Si tratta di tre risposte possibili, politicamente rilevanti, che necessitano di interventi preventivi, più che repressivi. Di una prevenzione sociale e culturale, che deve approfittare delle risorse morali e intellettuali a disposizione per rimettere in moto la macchina democratica. Macchina, questa sì, che non è tecnica, ma tutta politica. 2 aprile 2022 | 09:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,

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