Che rapporto hanno i ragazzi con le piattaforme social? Molto intenso, ma solo in apparenza. Perché l’utilizzo che ne fanno è molto passivo e molto poco attivo. Quanto basta, però, per essere fuorviati, spinti verso comportamenti sbagliati e, nei casi più gravi, con riflessi negativi sulla psiche. Come segnala un’indagine promossa dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, cyberbullismo) in collaborazione con Skuola.net, il portale di informazione rivolto agli studenti – che ha raggiunto un campione di 1.668 giovani tra i 9 e 19 anni – in occasione della Settima Giornata Nazionale promossa dall’Associazione Nazionale Di.Te., che quest’anno si svolgerà il 25 novembre a Firenze, il 44% campione è iscritto a tre social network (Instagram, TikTok e YouTube i più gettonati) e li utilizzano per due o tre ore al giorno, entrandoci quotidianamente.
Ma qual è la ragione che spinge i giovani a utilizzare così tanto i social? Il 73% lo fa per guardare contenuti altrui che, purtroppo, solo nel 40% dei casi vengono “discussi” con i propri genitori. Appena il 6%, invece, pubblica ogni giorno dei contenuti. Inoltre, inizia a diffondersi la tendenza ad abbandonare le piattaforme, partita timidamente da qualche anno e ormai in crescita costante: il 6% degli over 13 – quindi teoricamente autorizzati a iscriversi a molte delle piattaforme – ha detto di essersi cancellato. Il motivo più diffuso? Ci passava troppo tempo, meglio staccare la spina. Mentre per il digital detox dei più piccoli – che magari si iscrivono aggirando le regole sui limiti d’età – un ruolo fondamentale sembrano averlo i genitori, visto che il 50% di quanti avevano un profilo è stato poi costretto a disiscriversi dietro espresso divieto di un famigliare. E circa due terzi degli intervistati (65%), per farsi vedere il meno possibile, si sono dotati di un profilo fake, falso.
“Che gli adolescenti facciano fatica a limitare il tempo trascorso sui social media potrebbe essere indice di una potenziale dipendenza tecnologica. Questo aspetto, spesso sottovalutato, richiede una maggiore attenzione e comprensione da parte di tutti, per prevenire conseguenze a lungo termine sulla salute mentale. Più che vietarne l’uso, però, dovremmo indirizzare i nostri ragazzi verso una maggiore consapevolezza, attraverso l’educazione digitale. Che, visto il trend, dovrebbe diventare motivo di insegnamento già nell’età dell’infanzia nelle scuole”, osserva Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te.. Questo permetterebbe anche di valutare meglio le fonti da cui si attingono le notizie, dato che per il 27% degli adolescenti, i social sono anche il mezzo per tenersi informati sull’attualità.
Un altro campanello d’allarme è quello che vede il 75% dei giovani utenti delle piattaforme confrontare il proprio corpo con quello degli influencer o di altre persone che seguono con regolarità: tra questi, ben il 46% ha ammesso che il confronto ha influito sull’immagine di sé ed è stato motivo di una variazione nel proprio comportamento alimentare. Relativamente all’immagine corporea, il 65% degli intervistati dice anche di aver mai parlato con nessuno di come percepisce il proprio corpo e del perché ha adottato variazioni nello stile alimentare. Il 31%, infine, ha provato diete o allenamenti proposti dagli influencer.
“Questi dati devono farci riflettere: se i modelli dei giovani sono gli influencer, vuol dire che non ci sono più tanti modelli così forti nella vita offline. Inoltre, questa tendenza non solo distorce la percezione della realtà, ma alimenta anche una costante insoddisfazione e una potenziale insicurezza nell’immagine di sé, con tutte le conseguenze che ne possono derivare sul benessere psicologico dei giovani, già parecchio provato dagli eventi degli ultimi anni, e sulle loro relazioni future”, fa notare Giuseppe Lavenia, che aggiunge: “C’è un impatto emotivo negativo dei social media, come indicato dal 40% degli adolescenti che sperimentano sentimenti di depressione, ansia, gelosia e invidia, rivela una vulnerabilità psicologica”.
Tant’è che alla domanda “Credi che l’uso dei social possa contribuire al benessere mentale, oppure pensi che possa solo danneggiarlo?”, l’81% degli intervistati tra i 9 e 14 anni pensa che dipenda dall’uso che se ne fa ma il 20% dice senza esitazione che è motivo di compromissione del benessere mentale delle persone. Forse anche per questo, circa il 40% di loro evita di uscire di casa, perché dopo aver visto i modelli sui social si sente a disagio con il proprio corpo, il che influisce negativamente sull’autostima. “L’ambiente digitale, seppur virtuale, ha effetti reali e profondi sul benessere psicologico dei giovani. È nostro compito degli adulti e della società in generale, aiutare i ragazzi a navigare in questi spazi digitali in modo più sicuro ed efficace, promuovendo allo stesso tempo un’autostima solida e resiliente”, questo l’invito di Lavenia.
Alla luce dei dati, perciò, il legame tra adolescenti e giovani adulti con la dimensione digitale secondo Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, è semmai “complesso”: a suo parere, infatti, “ci sono i bulimici, coloro – la maggioranza ‘qualificata’ – che sono attivi su queste piattaforme e tendenzialmente sembrano essere ossessionati dall’ubiquità digitale: fra loro oltre 2 su 3 confessano di essere iscritti a tre o più social media. Ma ci sono anche gli anoressici, quelli che per motivi di età o di scelta personale, ne fanno a meno”. Per andare verso una condizione di equilibrio, per Grassucci, basterebbe comprendere che i social non sono per tutti. Gli adulti ma anche i ragazzi stessi hanno iniziato a capirlo: “sebbene i social sembrino adatti a tutte le età, cresce sempre di più nelle famiglie la consapevolezza che non è così, spingendo a porre un divieto d’uso ai figli. E poi c’è anche chi sceglie in autonomia, tra giovani e adolescenti, di non stare sui social o di disiscriversi: uno dei motivi principali per cui questo avviene è perché ci si rende conto proprio del tempo speso online senza riuscire a porre un freno. Ma non è il solo: tanti percepiscono anche la tossicità dei modelli di corpo e di successo che vengono promossi dai creator e dagli algoritmi. Probabilmente la giusta via è nel mezzo: usare questi straordinari mezzi di informazione e socializzazione nella maniera giusta, rendendo gli utenti consapevoli di tutti i rischi e imponendo ai gestori delle piattaforme delle politiche per minimizzarli”.
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