Tumore alla prostata, dove vado a farmi curare?A chi rivolgersi per avere la terapia migliore?

di Vera Martinella

Chirurgia, radioterapia, brachiterapia o sorveglianza attiva sono le opzioni per i primi stadi. Come orientarsi nella scelta dello specialista e del Centro

Quello alla prostata  il tumore pi frequente nel sesso maschile e i nuovi casi registrati nel 2022 in Italia sono stati circa 40.500. Grazie a diagnosi precoci e terapie sempre pi efficaci, oggi oltre il 90% dei pazienti riesce a guarire o a convivere anche per decenni con la malattia, ma come? A chi bisogna rivolgersi per ottenere la cura migliore? Prima di tutto occorre fare una premessa — sottolinea Giuseppe Procopio, direttore del Programma Prostata e dell’Oncologia medica genitourinaria alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano —. Anche grazie alla diffusione del test del Psa, che consente una diagnosi precoce, il 90% dei casi viene individuato ai primi stadi, quando il carcinoma localizzato e non ha ancora dato metastasi. In queste circostanze non esiste la “cura migliore” in assoluto, universalmente valida per tutti. La scelta fra chirurgia, radioterapia, brachiterapia e sorveglianza attiva dovrebbe essere condivisa con i pazienti, per decidere qual l’alternativa migliore per la propria situazione, valutando anche le probabili conseguenze indesiderate.  

Qual il trattamento pi efficace?
Le possibili scelte terapeutiche di cui oggi disponiamo (ovvero chirurgia, radioterapia e brachiterapia) si sono dimostrate in grado di offrire risultati molto buoni in termini sia di guarigione sia di lungo-sopravvivenza — chiarisce Giario Conti, segretario della Societ italiana di urologia oncologica (SIUrO) —. Sono opzioni valide e sovrapponibili soprattutto per quelle forme di tumore che sappiamo a rischio di progressione basso e intermedio (ovvero, in pratica, con poche probabilit di evolvere e dare metastasi), che sono la maggioranza. Mentre per le forme ad alto rischio vengono in genere proposti trattamenti “multimodali”, che combinano cio fra loro diverse terapie. A parit di efficacia per i risultati che si ottengono contro la malattia, la scelta va dunque fatta prendendo in considerazione i possibili effetti collaterali, le preferenze e le aspettative del diretto interessato. Sono gli uomini che, soppesando pro e contro di ogni opzione, devono stabilire cosa meglio per la loro qualit di vita.

E cos’ invece la sorveglianza attiva?
Con la sorveglianza attiva si propongono, alla persona colpita da tumore di piccole dimensioni e minima aggressivit, esami e controlli periodici — risponde Conti —. Questa vale per tutta la vita o fino a quando la malattia non modifica le sue caratteristiche iniziali. Il che permette di evitare o di dilazionare il trattamento attivo e quindi i relativi effetti collaterali (primi fra tutti incontinenza e disfunzione erettile), al momento della modifica delle caratteristiche iniziali della malattia. Per molti pazienti difficile accettare l’idea che non si intervenga subito per rimuovere il tumore e di diventare invece un “sorvegliato speciale”, ma ormai una strategia consolidata da diversi anni e le statistiche indicano che meno del due per cento degli uomini abbandona il protocollo per motivi di ansia. inoltre dimostrato da diverse ricerche internazionali che la sorveglianza attiva non riduce le possibilit di guarigione n la qualit di vita.

Quanto pesano gli effetti collaterali delle terapie sulla qualit di vita degli uomini?
Tanto, secondo un sondaggio recente sondaggio promosso dalla SIUrO. Otto pazienti su dieci affermano che le loro attivit ordinarie risultano compromesse a causa della malattia: tra queste ci sono il lavoro (61%), il sesso (57%) gli hobby (48%) e lo sport (27%). Pi del 90% dei pazienti ha riscontrato dei cambiamenti a livello psico-fisico e la neoplasia ha un impatto negativo soprattutto a livello uro-andrologico. Infatti il 21% dei malati sostiene di aver avuto problemi di impotenza, il 19% di incontinenza e l’11% d’infertilit.

A quale medico meglio affidarsi?
Diverse ricerche hanno dimostrato, a livello internazionale, che la scelta della cura viene molto influenzata dallo specialista che si vede all’inizio — risponde Procopio —. L’urologo tende a operare, il radioterapista a proporre radiazioni, ma la terapia “migliore” deve essere personalizzata, valutando diversi parametri, e calibrata sul singolo paziente. Urologo, radioterapista, oncologo? Meglio un unico team, che valuta il singolo caso e poi decide. Come avviene all’INT con il Programma Prostata, nato nel 2004 per garantire al malato una presa in carico totale, dalla diagnosi e per tutto il percorso della malattia, fino alla riabilitazione e al supporto psicologico, senza trascurare la sfera intima. Le competenze e le diverse professionalit si integrano e si completano per raggiungere nuovi risultati nella ricerca e, al contempo, ottimizzare il percorso diagnostico e terapeutico del paziente.

Come valutare scegliere il centro giusto?
Nella grande maggioranza dei casi non serve spostarsi e restare vicino a casa importante, per pazienti e familiari. Meglio affidarsi a un ospedale che abbia un’Unit dedicata alla cura dei tumori della prostata (o Prostate cancer unit), che sono sempre pi diffuse anche in Italia. Al loro interno presente un team multidisciplinare che consente di fare scelte terapeutiche pi corrette, come hanno dimostrato ormai diversi studi scientifici: il confronto fra i vari esperti (urologo, radioterapista, oncologo, psicologo, sessuologo, riabilitatore) sul singolo caso permette di offrire al paziente tutte le opzioni a disposizione, spiegando pro e contro di ogni trattamento. Aiutandolo anche a un migliore recupero per quanto concerne la sessualit e la gestione degli effetti collaterali.

17 gennaio 2023 (modifica il 17 gennaio 2023 | 12:10)

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