Un liceo di Monza è di nuovo sotto i riflettori: qualche giorno fa, come riporta La Repubblica, nel muro di un bagno femminile della scuola è apparsa una scritta inquietante: “Turetta salvaci tu”. Una sorta di lode a Filippo Turetta, accusato dell’omicidio della giovane 22enne Giulia Cecchettin.
La scritta è apparsa giovedì 23 novembre. Immediatamente segnalata dalle studentesse alla dirigente scolastica è già stata rimossa, ma ha suscitato reazioni indignate in tutta la città. Il sindaco di Monza, ex docente del liceo, l’ha definita “opera di uno stolto che neanche comprende il significato di ciò che ha affermato. Nella nostra città scuole, associazioni e istituzioni collaborano tutti i giorni dell’anno, non solo il 25 novembre, per contrastare la violenza sulle donne”.
Proprio nel giorno in cui è stato scoperto l’atto vandalico nei bagni, infatti, il liceo era aperto perché i ragazzi stavano lavorando appunto a un’iniziativa organizzata in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, l’allestimento di una mostra di disegni, fotografie, poesie e aforismi sul tema.
“La comunità tutta del liceo, dirigente, docenti e studenti, prende le distanze e stigmatizza l’isolato episodio accaduto nei giorni scorsi all’interno del liceo, forse ascrivibile anche a un esterno – si legge nella nota ufficiale pubblicata sul sito della scuola – Nel contempo, mai dimentica del proprio ruolo educativo, la scuola ha già avviato con tutte le componenti un momento di riflessione e di confronto, sollecitato anche dalla Giornata mondiale contro la violenza sulle donne”.
La protesta dei ragazzi in gonna
La scuola è già nota a molti per essere il liceo in cui studenti di sesso maschile hanno indossato più volte gonne per protestare contro la mascolinità tossica. L’idea è nata tre anni anni fa e due anni fa ha ottenuto grande attenzione mediatica. Ecco le motivazioni dei ragazzi che hanno partecipato, riportate da IlFattoQuotidiano.it: “Vogliamo far sentire la nostra voce da un lato contro gli stereotipi sul corpo femminile, ma anche rispetto a quelli relativi al modo di vivere la mascolinità. Per le ragazze, perché non è detto che indossando una gonna vogliano far esibire il loro corpo e attirare l’attenzione. Vogliamo opporci al maschilismo tossico che vuole l’uomo per forza macho, forte e aggressivo. Al contrario, anche il maschile deve potersi esprimere con le proprie emozioni, fragilità e debolezze”.
“Sono non binary – racconta uno studente a Il Giorno – mi pesa molto che in classe vengano usati i miei dati anagrafici femminili, chiedo di usare i pronomi maschili e ho preso l’abitudine di usare abbigliamento maschile. Però ho capito che usare la gonna non mi rende meno maschio, piuttosto che un paio di pantaloni. È indifferente. Dopo tutto sono solo indumenti. Ho deciso di essere libero e di indossare ciò che voglio. Adesso sul registro di classe sono configurato come femmina, non ho ancora fatto coming out ufficialmente, ma mi sto informando circa le modalità per richiedere la carriera scolastica alias”.
La critica della dirigente scolastica
La preside del liceo, intervistata da IlFattoQuotidiano.it, ha commentato il tutto precisando di non essere stata avvisata in anticipo delle intenzioni dei ragazzi. “L’ho scoperta stamattina quando mi hanno detto che davanti ai cancelli c’erano dei giornalisti. Non sapevo che avessero anche quest’anno organizzato questa manifestazione”.
“Non posso imporre loro di venire vestiti in un modo o nell’altro. L’importante è che ragionino e che si continui a fare scuola”, ha precisato. Secondo la dirigente è giusto protestare per questi motivi; ma lo si dovrebbe fare attraverso azioni concrete, non con gesti che attirano l’attenzione ma poi lasciano il tempo che trovano: “Disapprovo totalmente questa manifestazione che è una libera iniziativa di qualche ragazzo e non certo della scuola. Vorrei che comprendessero che con la parola e con i comportamenti quotidiani si ottiene molto di più che con azioni plateali come questa. Che senso ha andare in classe con una gonna?”.
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