Un DSGA licenziato per essersi appropriato dei soldi delle gite scolastiche viene condannato anche per danno allimmagine

Con atto di citazione la Procura conveniva in giudizio un ex dsga che si sarebbe appropriato della somma costituita dalle quote versate dagli studenti per le gite scolastiche Acquisite le somme, lo stesso non le avrebbe versate sul conto corrente dell’istituto e le avrebbe utilizzate per fini personali. A seguito della richiesta di fornire spiegazioni, il dipendente assicurava di aver provveduto all’accreditamento delle somme, ma, emerso l’ammanco dall’estratto del conto, confessava di essersi appropriato delle somme per esigenze personali. Per questi fatti veniva licenziato e subiva procedimento penale, impegnandosi nel contempo a restituire la somma contestata. Si pronuncia la Corte dei Conti con sentenza 251/2023 della sezione giurisdizionale per la Campania.

La questione
Il giudizio trattato dalla corte campana ha avuto ad oggetto due fattispecie di danno. La prima ha riguardo all’appropriazione delle somme versate in mano al convenuto dagli studenti dell’Istituto scolastico per la partecipazione alle gite scolastiche. Somme che non erano state riversate da quest’ultimo sul conto corrente della scuola, ma trattenute per scopi personali. La seconda ipotesi di danno contestato ha riguardo poi al danno all’immagine causato dal convenuto all’amministrazione di appartenenza, in seguito alla sentenza penale di condanna per il reato di cui all’art. 314, comma 1, c.p.( peculato)

Appropriarsi dei soldi destinate alle gite scolastiche costituisce danno erariale
Rileva la Corte quanto al danno erariale,questo si rinviene nel fatto che le gite scolastiche si erano comunque tenute ed erano quindi state anticipate le relative spese dall’istituto scolastico. Nella sentenza della Corte di Cassazione che ha trattato il caso dei licenziamento dell’ex dsga, il ricorrente lamentava un vizio di illogicità della motivazione della pronuncia impugnata, perché questa trascurava il fatto che, fino alla scoperta dell’ammanco di cassa, le gite scolastiche si erano svolte regolarmente e le ditte erano state pagate. Pertanto, il mancato riversamento delle somme da parte del convenuto produceva un danno alla scuola, nella misura in cui le gite si erano svolte e la scuola aveva provveduto al pagamento delle relative spese, senza poter contare sulle quote versate dagli studenti. Da qui, rilevano i giudici, emerge sia il danno erariale nei confronti della scuola sia il nesso eziologico tra la condotta del convenuto ed il danno.

Quando si determina il danno all’immagine? Se la notizia circola sui media è aggravante?
Osserva la Corte che la giurisprudenza discute oggi se il danno all’immagine possa ipotizzarsi in presenza di qualsiasi reato che cagioni pregiudizio all’amministrazione e non solo nel caso dei reati di cui al Capo I del Titolo II del Libro secondo del codice penale. Peraltro secondo la giurisprudenza «la novella abrogatrice del d.lgs. n.174 del 2016, che ad avviso della Sezione consente di perseguire danni all’immagine connessi a reati comuni e non solo contro la p.a., opera su tutti i giudizi in corso alla data della sua entrata in vigore, anche qualora i fatti siano stati posti in essere prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n.174 del 2016 come chiarito dalla giurisprudenza con riferimenti all’identico tema della immediata applicabilità dell’art.17, co.30-ter, d.l. n.78 cit. a fatti anteriori (C. conti sez. riun., 12/2011 QM; id., sez. Sardegna, 24.6.2021 n.229)» (Sez. Lombardia, n. 21/2022). Nel caso di specie non vi è comunque nessun dubbio sulla configurabilità del danno all’immagine, ricadendo l’odierna ipotesi sia nella previsione abrogata sia nell’attuale assetto normativo. Tale danno si concretizza quando un soggetto, legato all’amministrazione dal rapporto di servizio, pone in essere condotte criminose, sfruttando la posizione ricoperta non per fini pubblici, ma per scopi personali, inducendo sfiducia nella correttezza dell’agire dell’amministrazione (sez. Lombardia n. 67/2023).

Ne consegue che, affinché si produca una lesione all’immagine, non è indispensabile la presenza del c.d. clamor fori, ovvero la divulgazione della notizia del fatto a mezzo stampa o di pubblico dibattimento (peraltro, presente nel caso di specie). Tali elementi vanno sì considerati, ma solo quali aggravanti» (Sez. II Appello, n. 183/2020, nello stesso senso sez. Lombardia, n. 63/2023, sez. FVG, n. 148/2020).

Si rileva infatti che il danno all’immagine è «danno conseguente alla grave perdita di prestigio ed al grave detrimento dell’immagine e della personalità pubblica» (Sezioni Riunite, n. 1/2011).

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