Un milanese a Napoli e un russo in Ucraina

politeia Mezzogiorno, 22 maggio 2022 – 08:35 Berlusconi ha riproposto uno schema che pensavamo ormai più consono a una certa sinistra alla Santoro, Orsini e Travaglio di Antonio Polito Sarà perché è «un napoletano nato a Milano», come dice di se stesso; oppure perché è a Napoli che cominciò la sua colluttazione infinita con le procure, a causa di quell’avviso di garanzia che lo raggiunse proprio nella nostra città mentre presiedeva una conferenza internazionale sul crimine. Fatto sta che quando è in visita a Napoli Berlusconi sembra sentire il richiamo delle origini, lascia prevalere l’istinto, e finisce con il dare una versione di sé meno diplomatica e forse perciò anche più vera. E non mi riferisco all’ormai tristemente celebre festa di compleanno di Noemi Letizia che nel 2009, il giorno dopo quel 25 aprile a Onna in cui Berlusconi aveva raggiunto il massimo del consenso e della dignità politica, avviò invece la stagione degli scandali. Delle «vergini che si offrono al drago» (secondo la sintesi dell’allora moglie Veronica), delle «cene eleganti», e poi del declino, della rottura con Fini, della crisi dello spread e infine delle dimissioni e della condanna giudiziaria che gli costò l’espulsione dal Senato. Quando parlo di «richiamo delle origini» mi riferisco piuttosto alle dichiarazioni rese di nuovo ai giornali (l’aveva già fatto a Roma) e poi ieri di nuovo corrette o edulcorate, che testimoniano la sua perdurante simpatia per la causa di Putin. Parlando a braccio, nell’atmosfera conviviale di un ristorante a Marechiaro, si era detto contrario all’invio di armi all’Ucraina, mettendosi al fianco di Conte e di Salvini (poi aggiungendo, alla sua maniera, che se proprio le vuoi mandare le armi, almeno fallo senza dirlo, aumm aumm, come si dice a Napoli). Poi dal palco della convention di Forza Italia ha invece ripetuto la versione ufficiale: l’Ucraina è il paese aggredito e noi dobbiamo aiutarla a difendersi. L’alzata di scudi nel suo stesso partito, e anche l’isolamento internazionale e nel Partito Popolare europeo che rischiava, gli hanno consigliato una inversione a U. E meno male, perché altrimenti avrebbe marchiato con una clamorosa gaffe la sua ennesima discesa in campo. Ma ciò che aveva fatto più scalpore del suo discorso dal sen fuggito era stata questa frase: «L’Europa deve convincere l’Ucraina ad accettare le domande di Putin»; e non solo per l’eufemismo di definire cortesemente «domande» un’invasione con centinaia di migliaia di uomini e migliaia di blindati, i bombardamenti, i massacri di civili, le esecuzioni sommarie, i crimini di guerra, le deportazioni. Ma perché ancora una volta Berlusconi ha così riproposto uno schema che pensavamo ormai più consono a una certa sinistra alla Santoro, Orsini e Travaglio, secondo il quale Putin avrebbe «diritto» a qualcosa, anche se non si sa bene cosa: all’inizio pareva essere la dissoluzione dell’Ucraina, poi il rovesciamento del suo governo legittimo, poi la conquista russa di tutta la fascia meridionale del paese, ora forse si limita al controllo della Crimea più il Donbass, che tra l’altro già aveva. Quest’atteggiamento, ahinoi di troppi politici e commentatori italiani, presuppone infatti una scelta di campo: Putin ha sempre ragione, e comunque è meglio tenerselo buono, tanto qualcun altro — oggi l’Ucraina, domani chissà — ne pagherà il prezzo. In fin dei conti, è stato proprio questo atteggiamento che ha portato l’Italia ad essere scandalosamente e pericolosamente dipendente dal gas russo per il suo approvvigionamento energetico. Una scelta scellerata, un danno arrecato all’indipendenza del nostro Paese, soprattutto dopo il 2014, quando Putin aveva già invaso una prima volta Crimea e Donbass e ciò nonostante i governi che da allora si sono succeduti a Roma hanno aumentato, non ridotto, la quota di gas russo delle nostre importazioni. Ma una scelta che affonda le sue origini negli anni berlusconiani, quando l’Eni, affidata nelle mani di Paolo Scaroni, si rivolse con decisione verso il gas russo, fino a sostenere il progetto di South Stream, il gasdotto voluto da Putin per aggirare l’Ucraina e che solo le sanzioni Usa e il ritiro della Bulgaria poterono bloccare nel 2014, dopo l’annessione russa della Crimea. Prima di fare la sua lezione partenopea su ciò cui avrebbe «diritto» Putin, sarebbe stato utile che Berlusconi ci avesse detto se tale «diritto» comprendeva anche un potere di ricatto politico sull’Italia attraverso il gas. Sarebbe una ricostruzione storica interessante, pure al fine di capire come mai il nostro Paese sembra a tutt’oggi il più permeabile in Europa alla propaganda russa e all’ammirazione per il tiranno. 22 maggio 2022 | 08:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-22 06:39:00, Berlusconi ha riproposto uno schema che pensavamo ormai più consono a una certa sinistra alla Santoro, Orsini e Travaglio,

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