Un solo agente di scortaE la polizia ammette:falle nella sicurezza di Abe

di Guido Santevecchi

Novanta poliziotti adesso indagano sulle motivazioni di Tetsuya Yamagami. Voci sulla organizzazione nel mirino del killer dell’ex premier giapponese: la setta di Moon?

Sono novanta i poliziotti che indagano sul passato e le motivazioni di Tetsuya Yamagami, l’ex militare di 41 anni che ha assassinato Shinzo Abe . Ma era solo uno l’agente specializzato che era stato assegnato alla protezione ravvicinata dell’ex primo ministro del Giappone nel viaggio che da Tokyo lo aveva portato a Nara per il comizio elettorale, in uno slargo davanti alla stazione ferroviaria. Quell’agente era armato; ma non lo erano, ed erano schierati male, i pochi poliziotti locali mandati a vegliare sul raduno.

Il comandante dalla polizia

«È innegabile che ci siano state delle falle nella sicurezza», ha ammesso Tomoaki Onizuka, il capo della polizia di Nara, tranquilla città per turisti sull’isola di Honshu, famosa per i suoi templi e per i cervi che pascolano nei boschi. «Sono ufficiale da trent’anni e quello che è successo venerdì è il più grande rimorso della mia carriera, servirà un’inchiesta per capire se sia stato un errore di impostazione o l’incapacità dei singoli», ha concluso il comandante con la voce rotta dal tentativo di ricacciare indietro le lacrime. Spesso nei comizi in strada in Giappone viene usato un furgone con un pianale, che avrebbe permesso agli agenti di controllare da una posizione rialzata l’area intorno. Per Abe non è stato trovato, a causa del pochissimo tempo trascorso tra la decisione di far andare l’ex premier in città e il suo arrivo.

«Chiunque lo avrebbe potuto colpire»

Abe era su un piccolo podio che lo alzava di meno di mezzo metro dal livello stradale, un bersaglio facile a breve distanza. «Chiunque lo avrebbe potuto colpire, in quella situazione, la personalità di spicco dovrebbe essere protetta da ogni direzione, con un cerchio stretto di sicurezza», affermano ora gli specialisti giapponesi.
«Il problema è che in Giappone queste apparizioni di politici sono quasi eventi intimi tra loro e gli elettori, vogliono stare vicini per condividere un senso di appartenenza», spiega Paul Nadeau, che ha lavorato per un parlamentare giapponese e ora insegna alla Temple University di Tokyo: «Non si ha mai la sensazione di un pericolo nel contatto con la gente, non mi era mai venuto in mente che potesse servire un dispositivo di protezione più stretto e imponente».

«Chiunque lo avrebbe potuto colpire»

Dunque, venerdì mattina intorno a Shinzo Abe c’erano il candidato liberaldemocratico Kei Sato, che era venuto a sostenere con il suo prestigio; una quindicina di attivisti locali del partito, l’agente speciale armato di pistola; alcuni normali poliziotti di Nara. A giudicare dalle immagini sull’inseguimento e il placcaggio dell’assassino, prima dell’agguato guardavano solo davanti, non dietro dove si era appostato Yamagami con la sua pistola artigianale fatta da due tubi legati con il nastro adesivo e una impugnatura in legno. Si è visto anche uno dei poliziotti in borghese, riconoscibilissimi per il completo scuro e la camicia bianca, che dopo il primo sparo, mentre si sente l’esplosione della seconda pallottola (che ha centrato e ucciso Abe), alzava una borsetta blindata, ma inutilmente; tra l’altro, quell’agente si è istintivamente girato.

La calma dell’assassino

Nell’interrogatorio, l’assassino si è mostrato calmo e distaccato. Ha parlato ancora del «rancore» che provava per «una certa organizzazione alla quale credeva che Abe fosse legato», ha riferito la squadra di investigatori. Alcuni media giapponesi hanno aggiunto che si tratta di una setta religiosa alla quale la madre dell’ex militare della Marina aveva donato molti soldi, fino a perdere la casa di famiglia. Secondo fonti dell’agenzia Kyodo, Yamagami aveva inizialmente progettato di uccidere un responsabile dell’organizzazione, che avrebbe una sede proprio sul luogo del comizio, ma che siccome non era riuscito a trovarlo ha deciso di farla pagare al presunto sostenitore Abe. La polizia non dà informazioni pubbliche, ma sui social di Tokyo si parla della «Chiesa dell’Unificazione», gruppo religioso fondato dal predicatore sudcoreano Moon negli Anni ‘50. È tutto da chiarire, perché Abe e molti altri politici conservatori sono stati sostenuti da vari gruppi religiosi. Ma un piccolo partito lo aveva accusato pubblicamente di aver appoggiato quella setta «straniera».

9 luglio 2022 (modifica il 9 luglio 2022 | 22:49)

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, 2022-07-09 21:14:00, Voci sull’organizzazione nel mirino del killer: la setta di Moon?,

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