Una docente inviò su WhatsApp lelenco degli argomenti di avvio della prova orale. Il Tar annulla la maturità per 11 studenti

esame di stato maturità

Il Tar di Catania ha confermato l’annullamento degli esami orali degli studenti di quinta del liceo Galileo Galilei di Spadafora, in provincia di Messina, una decisione che ha scatenato diverse reazioni tra gli studenti, i genitori e la comunità educativa locale.

La questione, originata da un’irregolarità negli esami sostenuti la scorsa estate, ha evidenziato ulteriormente i dibattiti sulla trasparenza e l’equità nell’esame di Stato.

Tutto ha inizio quando una studentessa, con l’assistenza di un legale, ha presentato un esposto relativo ai risultati della prova finale, scatenando un’ispezione dell’ufficio scolastico regionale. L’indagine ha poi rivelato un messaggio, apparentemente inviato da una docente, che girava sulle chat di WhatsApp degli studenti fornendo suggerimenti sugli argomenti d’esame. Tale messaggio non era però giunto alla studentessa ricorrente, la quale aveva ottenuto un voto sensibilmente meno soddisfacente rispetto ai compagni. L’ufficio scolastico regionale ha quindi deciso di annullare gli esami orali, fissando inizialmente la data per i nuovi esami al 20 settembre.

I maturandi hanno presentato ricorso contro questa decisione, ma il Tar di Catania ha rigettato l’istanza, confermando le irregolarità riscontrate. Con il decreto cautelare, la ripetizione delle prove orali era stata sospesa, ma con la recente sentenza del 18 ottobre, il tribunale ha respinto il ricorso, sottolineando la necessità di rifare gli esami davanti a una nuova commissione.

Il racconto della studentessa e le accuse ingiuste

A La Gazzetta del Sud, parla Maria Chiara Isgrò, la legale della studentessa. L’avvocata ha esposto un sistema di divulgazione anticipata degli argomenti d’esame. Grazie a prove scritte inconfutabili, l’esposto ha rivelato un’operazione illecita che ha favorito ingiustamente alcuni studenti durante gli esami finali.

La studentessa ha fornito prove concrete di come il commissario interno della classe avesse divulgato, con anticipo di alcuni giorni, gli specifici argomenti che sarebbero stati oggetto d’esame. Queste informazioni erano state condivise in una chat di classe, fornendo un vantaggio inammissibile ai candidati, contravvenendo così alle regole fondamentali che regolano la condotta degli esami.

A seguito dell’esposto, il Ministero ha disposto un’ispezione che ha confermato le violazioni. È stato accertato che gli studenti erano a conoscenza non solo degli argomenti iniziali del colloquio, ma anche delle domande specifiche che sarebbero state poste nelle materie di storia e filosofia. Questo caso ha evidenziato una violazione grossolana delle norme, sollevando interrogativi seri sul sistema scolastico attuale.

L’Ufficio scolastico ispettivo ha invitato tutti gli studenti a contribuire all’indagine, ma solo tre, inclusa l’assistita dell’avvocata, hanno avuto il coraggio di presentarsi. L’articolata indagine ministeriale ha portato a risposte univoche riguardo alla violazione delle leggi. Di conseguenza, sono stati avviati procedimenti disciplinari nei confronti di tutti i membri della Commissione d’esame, e gli atti sono stati trasmessi alla Procura della Repubblica.

Un aspetto sconcertante della vicenda è la discriminazione subita dalla giovane studentessa post-denuncia. È stata isolata e derisa dai compagni di classe e da altri conoscenti, etichettata come “traditrice” sui social network. Addirittura, alcuni genitori hanno pubblicato post dispregiativi su Facebook, evidenziando una mentalità distorta che penalizza chi ha il coraggio di denunciare le irregolarità. L’avvocata sottolinea l’importanza del coraggio nel denunciare l’illecito, un valore cruciale per instaurare un clima di giustizia e integrità nel panorama scolastico odierno.

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