Una notte in discoteca con i ragazzini: TikTok, tanti selfie e poco eros

di Roberta Scorranese

I minorenni accompagnati dai genitori, il corteggiamento attraverso i «like»

La generazione derubata dei sedici e dei diciassette anni avanza in jeans e miniabiti color bronzo o panna. Davide, Francesca, Lorenza e Giovanni sono in coda dalle dieci e mezza di sera. Sanno che qui niente comincia prima di mezzanotte, ma sanno anche che la fila presto si ingrosserà fino a ricoprire di teste giovani il curvone della via Aurelia che si impenna fino al promontorio di Capo Mele, dove Laigueglia lascia il posto alla Marina di Andora, Riviera di Ponente.

A La Suerte, storica discoteca a strapiombo sul mare, non «si fa porta» (non si comincia a far entrare) prima delle undici e tre quarti e Davide, Francesca e gli altri ne approfittano per un primo carosello di selfie davanti alla scritta a caratteri colorati. D’altronde questa è l’estate dei loro diciotto anni, la prima estate vera di una generazione a cui il Covid ha rubato i rossori, i primi incontri, persino i «parapiglia, scatta il gioco della bottiglia», come Elio e le Storie Tese chiamavano quel misto di eccitazione e ansia nelle feste dei sedicenni.

«E finalmente si balla», dice Davide, faccia da bambino, come ce l’hanno tutti in questa folla di centinaia di giovanissimi che lungo il perimetro di una notte intera si avvicenderanno per le alte gradinate che uniscono i tre piani della Suerte, cinquantacinque anni di musica. Già, si balla. Questo dovrebbe essere il minimo per una discoteca, però ci si dimentica in fretta che nella primavera scorsa i locali riaprirono ma si doveva stare fermi per evitare i contatti sudati, al massimo un drink, al massimo un ancheggiamento sulla sedia. «Era surreale — raccontano dallo staff —: ricordiamo la dignità dei ragazzi che venivano qua e si sedevano buoni buoni, tutt’al più dondolavano con le gambe. E, giuro, ho visto gente in pista con la mascherina».

Ore 23.45 La «porta»

Stanotte invece le uniche mascherine che si vedono sono quelle dipinte con l’eyeliner nero intorno agli occhi di Laura e Pamela, che arrivano strette in due abitini viola. Avranno diciott’anni? La carta d’identità sventolata alla porta dice di sì. Il metal detector è il secondo passaggio: aprire le borsette per le ispezioni, mentre la paletta disegna il profilo dei due corpi magri senza «beep» sospetti. Laura e Pamela possono entrare. «Veniamo da Alassio, ci hanno accompagnato i genitori», dicono sfumando nella serata in una nuvola di flash del telefonino.

Tante altre Laura e Pamela fanno la fila per mostrare i documenti, perché se non si è diciottenni non si entra, a meno che non si sia accompagnati da maggiorenni. Eccone una, di minorenne: si chiama Paola e ha un top verde smeraldo, che viene immediatamente segnalato al bar («Alla ragazza in verde date solo analcolici», gracchiano le radioline del sistema di sicurezza, donne e uomini vestiti di nero che punteggiano tutto il complesso sul mare). Perché una cosa è certa: questa notte è una notte giovanissima, quasi post-puberale. Diciotto, diciassette, diciannove, venti, massimo ventuno o ventidue.

Dove sono i trentenni? «Boh», fa Sofia scrollando le spalle, come se parlassimo di «creature replicanti» che abitano un universo parallelo. Lei è in vacanza ad Albenga e deve tornare presto a casa, mamma e papà non sgarrano. Taxi? «No, c’è la navetta della discoteca che ci accompagna». Diciotto anni e il suo ingresso (25 euro con un drink) e il suo secondo cocktail (10 euro, ma qui tutto dipende dalla serata e dallo spettacolo in scaletta) è assicurato. «La notte è lunga, ne vedrà di belle», dicono due rosse.

E sì, per vederne di belle bisogna mettersi accanto ai bodyguard della «porta»: in un grosso cesto messo di fianco all’entrata finiscono subito una lattina di birra, un coltellino, un oggetto non meglio identificato, una grossa bottiglia di gin mezza vuota. Materiale clandestino, nascosto in grandi tasche o borse o camicie ampie, nella certezza di eludere i controlli. «Qualcuno prova a entrare già “bevuto” — dice Angelo Pisella, proprietario della discoteca —, qualcuno tenta di portare dentro gli alcolici per darli di nascosto ai minorenni accompagnati. Sia gli uni che gli altri li sgamiamo subito». A loro non importa se sei giovane o adulto: se sei «fatto» o «bevuto» non entri. Intanto, come per un messaggio mandato dagli dèi della notte, nella musica interlocutoria che precede la serata, si riconosce Elton John che canta «It’s seven o’clock, and I wanna rock/ Want to get a belly full of beer». E dicci, Elton, che cos’è la trasgressione per questa generazione con camicie bianche e facce da bambini?

Ore 01.00 Nei bagni

Inutile cercarla nei bagni de La Suerte, la trasgressione. Solo ragazze che si sistemano i capelli e che controllano i messaggi sullo smartphone. Non c’è nemmeno quel viavai sospetto che porta sempre le stesse persone sulla soglia della toilette. «Il problema — continuano due ragazzi in maglietta azzurra — è che quelli che “si fanno” in discoteca oggi ci arrivano già “fatti”». È per questo che la security diventa importante. Sul petto delle guardie spicca una specie di occhio elettronico: è una body-cam: se qualcuno dà in escandescenze la security lo riprende. La «porta» procede implacabile la sua scrematura: troppo giovane e da solo? Via. Occhio vitreo sospetto? Non c’è posto, ci spiace. Abbigliamento eccessivo? Non c’è il nome in lista, ci spiace. Si usano tutti i deterrenti possibili. Le cronache però raccontano di notti sballate in tutta Italia, anche tra giovanissimi. «Ma è facile da capire: io non ho alcun interesse a far circolare la droga qui dentro, anzi», dice Pisella. Ma circola? «No, assolutamente no». Rispondono di no anche Daniele e Luca, che a distanza sembravano due trentenni ma era un miraggio della notte di salsedine.

Occhio alle bottiglie d’acqua (qui una costa 3 euro al bancone): se è colorata vuol dire che ci hanno sciolto dentro i cristalli. Ma che senso ha, ragionano, venire a «farti» qui quando oggi tutto lo trovi online e a poco prezzo e puoi consumare quello che vuoi a casa di un amico facendoti riaccompagnare in taxi? Un kit di sballo (una specie di tester con varie sostanze, intuiamo) costa meno di una serata in pizzeria, assicurano.

Sì, ma come si resiste a ballare tutta la notte? «E chi dice che si balla tutta la notte? Questa è roba vecchia», fa Luca. O di un’altra generazione, ormai scivolata nei trenta-quaranta. In effetti, più che un rave, questa serata sembra una festa dell’alternanza continua: gente che va dalla spiaggia alla pista del piano di sopra, gente che esce e gente che continua a entrare anche dopo le due, a quattro ore dalla chiusura, gente che si dà il cambio in pista e che si sdraia sul divano con il telefonino. È come se l’inclinazione a stufarsi presto — cifra di una generazione di diciottenni, la generazione Netflix — avesse rivestito il concetto di trasgressione con un velo di transitorietà, di finitezza. Con buona pace di Freddie Mercury, che in questo momento sta urlando «Don’t stop me now». Non sulla pista, ma nelle mie cuffie (sì, quelle che ho indossato per un poco, di nascosto, il tempo di una sosta rinfrancante dall’unz unz unz unz).

Ore 02.00 La nuvola

«Ma sotto, in spiaggia, c’è musica meno commerciale?», chiede all’aria salata una ragazza rossa di capelli, bellissima, sui diciannove. Ci sono due deejay diversi, proprio per favorire il saliscendi sui gradoni e il ricambio. E questa passerella di ragazze e ragazzi in jeans o tacchi a spillo o semplicemente tuta-pantaloni è un pezzo dello spettacolo, regolarmente filmato e fotografato, perché la festa è qui solo in parte: il resto è sulla nuvola. Sul «cloud», cioè. Perché il buio di questa notte sul mare è bucato dalle luci della pista e dai telefonini sempre accesi: si filmano mentre ballano, mentre riposano, mentre passeggiano, mentre salgono o scendono le gradinate, mentre si baciano o si salutano.

Così, lentamente, muore una generazione di festaioli che andavano in discoteca per perdere la testa, e avanzano quelli che di feste ne fanno due: una qua e una su TikTok. Forse Bruno, un papà che ha aspettato la sua Simona all’esterno, esagera quando dice che «vengono qui solo per filmarsi e postare su Instagram», ma qualcuno potrebbe negare che buona parte del divertimento sta lì? «Noi andavamo in discoteca per rimorchiare — scuote la testa il papà in jeans e camicia —, questi vengono qui per farsi le foto e poi se ne vanno».

È davvero così? «Ti taggo», dice una. «Mettici la funzione live», dice un’altra. «Ma certo che ci si corteggia ancora — ride Marzia, sui vent’anni —. Voi vi facevate dare il numero, noi ci messaggiamo su Instagram. C’è uno con cui mi scrivo da mesi e non ho mai sentito la sua voce». Manco un vocale? «E a che serve?». Come sono gli approcci di solito? «Se uno ti piace gli chiedi il nome e poi lo “segui”. Gli metti qualche like alle foto e ai video. Se lui ricambia il follow il giorno dopo gli mandi un messaggio». Ma non potete parlare su un divanetto, la sera stessa? «Boh. Sì, certo». Il gusto dell’inseguirsi sulla nuvola prima di farlo dal vivo dà un nome alla smania di selfie che si intreccia nell’aria questa notte: è come se ci si raccontasse prima online e solo dopo dal vivo.

Non è che questa vita virtuale finisce per soffocare il gusto — forse anche il rischio — di un corteggiamento tradizionale? Silenzio. Qualche risatina. Come se si parlasse di cose marziane. E il sesso? «Magari! Un miracolo», ride Davide. Perché? «Non so, è come se fossimo ancora in lockdown da quel punto di vista. Siamo come congelati». Per molti di loro questa è la prima estate d’amore. Che cosa vuol dire per voi “perdere la testa”? «Forse anche solo una notte fuori a ballare». «Una canna ogni tanto». «Sposarmi». E la nuvola virtuale si riempie di un carosello di immagini appena scattate.

Quello che però è reale è l’alcol che continua a girare, benzina della notte e di una danza che si fa più accesa, frenetica. Non ci sono incidenti, giusto un battibecco tra due ragazzi con il viso arrossato. Così come la musica si confonde con le voci, sempre più calde, sempre più urlanti. A proposito, sono le due. Non è forse ora di cominciare ad abbassare i volumi? «Cosa!? È adesso che comincia tutto», dice Davide. E infatti, come in un’apparizione mitologica, dal terrazzino della consolle ecco tre bellissime ballerine callipigie (in greco antico «dalle belle natiche», e, aggiungiamo, scoperte) che lanciano un segnale percepibile agli iniziati della notte e che per noi profani suona più o meno così: «Siete caldi? Si comincia».

Ore 04.00 In pista

Ma il punto, per gli «osservatori» che si sforzano di restare svegli con caffè nero, è che tanti — parliamo di decine e decine di persone — cominciano ad arrivare adesso. Uno sciame caldo che scivola verso la spiaggia. E considerato che alle sei si va tutti a casa, uno si chiede: vale la pena pagare per stare così poco? E, soprattutto: dove siete stati finora? «In giro», è la risposta evasiva che danno tutti.

Viene il dubbio: ma non è che la discoteca è diventata quello che una volta era «l’after», cioè una coda del divertimento della nottata? Le ipotesi si sprecano: una festa privata prima e «disco» dopo? «Oppure, più semplicemente, sono stati in qualche altro posto — chiosano dalla discoteca —. Quello che a noi interessa è che siano sobri. Ma sa quanti ne arrivano che magari sono stati in altri locali più “tolleranti”?».

Adesso la folla è al culmine, le ballerine sono le registe involontarie di una danza dove si mescolano teste bionde, brune, rosse, folte o rasate: «fottitene e balla», cantava lo scorso inverno Dargen D’Amico, nella consapevolezza che sarebbe stata la parola d’ordine di questa estate «dove si balla». La «porta» però è ancora implacabile e vale la pena fare un salto lì nell’ora che comincia a calare di tono: c’è chi chiama un taxi, c’è chi aspetta la navetta e si appoggia (sfatto) al muretto, c’è chi commenta la serata e guarda le foto, c’è chi si apparta, c’è chi si avvia a piedi, la serata luccica e c’è la luna che guida i passi — anche quelli leggermente barcollanti — lungo l’Aurelia. Ma lo sapevate che questa è la strada del «Sorpasso»? Una voce buca il silenzio imbarazzato dei reduci: «Grande film, l’ho visto con mia nonna durante il lockdown». Sì, ha detto proprio «mia nonna».

Ore 05.00 Sui divani

Intanto la notte si abbassa anche sugli ultimi irriducibili della pista. Qualcuno ha ceduto al divano, qualcun altro dorme sulle ginocchia di una che guarda il telefonino. Tutti sembrano chiedere qualcosa: un po’ di sonno, un taxi, un’acqua. È l’ora in cui si è più fragili, anche se questa è l’estate dei loro diciotto anni. Una bellissima giovane donna castana (non vuole dire nemmeno il nome ma è tedesca e ha scelto Alassio per le vacanze) è qui da sola. Non cerca nulla, solo un po’ di musica e di notte. Finalmente, dall’ultimo divanetto un po’ appartato, ecco una tenerezza stanca, di quelle che fanno venire voglia di dare ragione un po’ a tutti. Il primo bacio vero in una notte diciottenne, l’ultimo bacio senza telefonino davanti, che non finirà su Instagram perché non ce n’è bisogno: la marea ha già inghiottito tutto e non parlerà, perché i segreti del mare sono per sempre.

23 luglio 2022 (modifica il 23 luglio 2022 | 22:21)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-07-23 20:50:00, I minorenni accompagnati dai genitori, il corteggiamento attraverso i «like», Roberta Scorranese

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Exit mobile version