Una speranza a Istanbul, le richeste di Zelensky, il futuro della Crimea e del Donbass. Che cosa è successo oggi

di Antonio PolitoNella trattativa in Turchia tra Ucraina e Russia anche l’istanza di Kiev per avere in futuro protezione di Paesi garanti (forse anche l’Italia) contro attacchi di Mosca C’è una prima speranza? Gli spiragli che si sono aperti nella trattativa tra russi e ucraini in Turchia confermano due fatti che sembravano ormai chiari da molti giorni, ma che adesso sono punti fermi messi sul tavolo del negoziato. Il primo è che i russi hanno intessere, per quale ragione vedremo, a ridurre la pressione militare al Nord, intorno alla capitale Kiev e a Chernihiv. Il secondo è che Zelensky può accettare uno stato di neutralità per l’Ucraina, consapevole che nella Nato non sarebbe comunque stato accettato (solo i russi hanno mostrato di credere a questa adesione, per giustificare l’aggressione militare). Ma Zelensky chiede, in cambio, che un gruppo di Paesi garanti dell’accordo, tra cui potrebbe esserci anche l’Italia, si impegnino a difendere l’Ucraina in caso di nuovi attacchi. In più Mosca pare accettare l’ingresso di Kiev nella Unione Europea. Che sta succedendo? Potrebbe darsi che Putin – come paventa il segretario di Stato Blinken, il quale suggerisce di aspettare a «vedere i fatti» prima di giudicare – abbia annunciato di «ridurre drasticamente» le operazioni militari a Kiev perché ha capito che su quel fronte ha ormai perso, e vuole spostare truppe al Sud, verso il Donbass, e che quella è la preda che gli interessa, ora che si è dimostrata impossibile la presa della capitale. Infatti da Mosca hanno subito chiarito che «non si tratta di un cessate il fuoco». Ma potrebbe anche darsi che questa difficoltà porti davvero a un ammorbidimento delle posizioni del dittatore, la cui guerra comincia a diventare troppo costosa sia in termini economici sia in termini di vite umane, e che per questo stia cercando una via d’uscita (di «denazificazione», intanto, cioè del rovesciamento del governo Zelensky, non si parla più). Che cosa può succedere? Il punto più delicato sembra restare lo status delle due repubbliche filo-russe autoproclamatesi indipendenti nell’Est del Paese. Il Donbass per il momento non è ancora nel negoziato, ed è lì che si vedrà se si potrà davvero mettere una fine, che al momento non è affatto vicina, a questa guerra. La delegazione ucraina ha proposto una lunga fase di negoziati (15 anni) sullo status della Crimea, che fu annessa alla Russia dopo l’invasione del 2014 e un referendum mai riconosciuto dalla comunità internazionale. Di fatto è una sorta di accettazione dello status quo. Kiev – par di capire – non chiederebbe la restituzione della penisola del Mar Nero. Ma Donetsk e Lugansk? E nelle zone limitrofe dove ancora si combatte, e ferocemente? Gli ucraini hanno dichiarato di aver respinto sette attacchi russi in poche ore. Resta ovviamente anche il nodo di Mariupol, la città martire, dove si combatte nelle strade. Il sospetto occidentale (ieri Biden ha sentito al telefono tutti i maggiori leader europei tra cui Draghi), è che la svolta negoziale sia anche un modo di prendere tempo per arrivare alla conquista di Mariupol. «Bisogna guardarsi dalle frasi a effetto, ma è il momento di dire che, attraverso l’Ucraina, Putin ha dichiarato guerra all’omosessualità» (Adriano Sofri) 29 marzo 2022 (modifica il 29 marzo 2022 | 20:11) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-29 18:12:00, Nella trattativa in Turchia tra Ucraina e Russia anche l’istanza di Kiev per avere in futuro protezione di Paesi garanti (forse anche l’Italia) contro attacchi di Mosca, Antonio Polito

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