«Una squadra», formidabile serie sulle imprese degli sportivi

di Aldo Grasso

Le sei puntate della docu-serie Sky Original sono da vedere tutte d’un fiato perché mescolano sport e politica, tv, storie personali e versioni discordanti di quelle stesse storie

Se Adriano Panatta non fosse stato quel grande campione è che è stato, avrebbe potuto intraprendere la via dello spettacolo. Ha tutto del grande attore: la prestanza fisica, il senso dell’umorismo, l’arroganza in giusta misura, la battuta pronta, lo sguardo malandrino. Avrebbe potuto contare persino su una formidabile spalla, Paolo Bertolucci, che lo conosce come le sue tasche e lo asseconda, ieri come oggi, nelle sue performance, sportive e attoriali. Le sei puntate di «Una squadra» di Domenico Procacci (Sky) sono da vedere tutte d’un fiato perché mescolano, in un vortice di ricordi, sport e politica, tv, sorrisi e canzoni, storie personali e versioni discordanti di quelle stesse storie. E poi le immagini in bianco e nero di Guido Oddo, Giampiero Galeazzi e Gianni Minà («Era Gianni Minà: se era un altro, je avrei dato ’na racchettata», ricorda Panatta a commento di immagini in cui si vede Minà chiedere con la sua abituale insistenza un’opinione ad Adriano mentre sta perdendo).

Come ricordano le cronache sportive, dal 1976 al 1980 la squadra di tennis da battere in Coppa Davis era l’Italia. Era formata da quattro campioni: Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Adriano Panatta e Tonino Zugarelli. A capitanarli, un ex grande campione come Nicola Pietrangeli, un altro dall’ego smisurato. Per ragioni diverse, in quei cinque anni raggiunsero la finale quattro volte, vincendo solo nel 1976 contro il Cile, a Santiago, in casa di Pinochet. Per anni è stata una vittoria di cui vergognarsi. Persino Domenico Modugno scrisse una canzone contro. «Una squadra» è una delle più formidabili serie sportive che mi sia capitato di vedere: per la ricostruzione di quelle imprese, la capacità di raccontare i caratteri dei protagonisti (Panatta e Bertolucci sono creature di Dino Risi, Barazzutti e Zugarelli di Petri), per la scrittura (il montaggio regala colpi di scena a non finire).

24 maggio 2022 (modifica il 24 maggio 2022 | 02:07)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-05-24 00:11:00,

di Aldo Grasso

Le sei puntate della docu-serie Sky Original sono da vedere tutte d’un fiato perché mescolano sport e politica, tv, storie personali e versioni discordanti di quelle stesse storie

Se Adriano Panatta non fosse stato quel grande campione è che è stato, avrebbe potuto intraprendere la via dello spettacolo. Ha tutto del grande attore: la prestanza fisica, il senso dell’umorismo, l’arroganza in giusta misura, la battuta pronta, lo sguardo malandrino. Avrebbe potuto contare persino su una formidabile spalla, Paolo Bertolucci, che lo conosce come le sue tasche e lo asseconda, ieri come oggi, nelle sue performance, sportive e attoriali. Le sei puntate di «Una squadra» di Domenico Procacci (Sky) sono da vedere tutte d’un fiato perché mescolano, in un vortice di ricordi, sport e politica, tv, sorrisi e canzoni, storie personali e versioni discordanti di quelle stesse storie. E poi le immagini in bianco e nero di Guido Oddo, Giampiero Galeazzi e Gianni Minà («Era Gianni Minà: se era un altro, je avrei dato ’na racchettata», ricorda Panatta a commento di immagini in cui si vede Minà chiedere con la sua abituale insistenza un’opinione ad Adriano mentre sta perdendo).

Come ricordano le cronache sportive, dal 1976 al 1980 la squadra di tennis da battere in Coppa Davis era l’Italia. Era formata da quattro campioni: Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci, Adriano Panatta e Tonino Zugarelli. A capitanarli, un ex grande campione come Nicola Pietrangeli, un altro dall’ego smisurato. Per ragioni diverse, in quei cinque anni raggiunsero la finale quattro volte, vincendo solo nel 1976 contro il Cile, a Santiago, in casa di Pinochet. Per anni è stata una vittoria di cui vergognarsi. Persino Domenico Modugno scrisse una canzone contro. «Una squadra» è una delle più formidabili serie sportive che mi sia capitato di vedere: per la ricostruzione di quelle imprese, la capacità di raccontare i caratteri dei protagonisti (Panatta e Bertolucci sono creature di Dino Risi, Barazzutti e Zugarelli di Petri), per la scrittura (il montaggio regala colpi di scena a non finire).

24 maggio 2022 (modifica il 24 maggio 2022 | 02:07)

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Pietro Guerra

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