Uomini soli al comando

l’editoriale Mezzogiorno, 25 marzo 2022 – 14:23 Regionalismo e prime crepe di Claudio Scamardella Senza che alcuno si offenda, soprattutto nel sempre affollato salotto dei “nasi turati” della sinistra, si può senza dubbio sostenere che se fossero stati governi regionali del centrodestra a fare ciò che è stato fatto in Campania e in Puglia negli ultimi anni, con una gestione “padronale” e a tratti familistica delle istituzioni, ci sarebbero state manifestazioni di piazza per il ripristino della legalità, interviste roboanti e indignate contro l’emergenza democratica, movimenti di “liberazione” da chi governa con metodi autoritari. L’elenco sarebbe lungo, a partire da ciò che sta emergendo nella molto discutibile gestione della Scabec in Campania; dall’allergia alle regole e dalle troppe opacità nella amministrazione della Protezione civile in Puglia emerse nell’inchiesta che ha portato all’arresto del suo responsabile; dai contratti di assunzione nella sanità fatti firmare pochi giorni prima del voto dell’anno scorso in presenza dei governatori o dei loro portavoti; dalle nomine ad personam senza concorsi o bandi pubblici. Cose gravissime, e sotto gli occhi di tutti, grazie anche alle puntuali denunce dei tanto bistrattati giornali. Eppure, ciò che è accaduto l’altro ieri, con l’improvvisa revoca della sala per la presentazione del libro di Galli della Loggia e Schiavone in programma oggi a Salerno, le supera tutte nella gravità. Anche per le motivazioni da brividi, almeno per chi crede ancora nella democrazia e nel pluralismo, addotte dal direttore del Convitto Tasso: «Previsti interventi schierati politicamente». Non sappiamo se il presidente De Luca fosse a conoscenza della decisione del ligio direttore del Convitto di negare la sala. Non è importante. Anzi, paradossalmente, la sua eventuale estraneità sarebbe un’aggravante perché dimostrerebbe – ove fosse ancora necessario – fino a che punto di saturazione è giunta la cappa di conformismo, con il conseguente clima di paura e di opportunismo, creata in questi anni. E, beninteso, non solo in Campania. Per fortuna, qualche crepa in quella cappa si sta aprendo. L’iniziativa dei firmatari dell’appello al segretario pd Enrico Letta contro l’ipotizzata “legge ad personam” per il terzo mandato, oltre che per “la deriva regional-sovranista, clientelare, familistica e affaristica” nel governo della Campania, è cresciuta nelle adesioni, si è imposta nel dibattito pubblico, ha oltrepassato i confini comunali e regionali. Buon segno. Come un buon segno, in Puglia, è stato il primo altolà del Pd nazionale ad Emiliano, sempre appoggiato dal fido (ex) segretario regionale Lacarra, alle candidature a geometria variabile nelle prossime amministrative con il giochino delle liste civiche, quasi come se il partito (al quale il presidente non è nemmeno iscritto) fosse una pedina da muovere a proprio piacimento e secondo le proprie convenienze nelle alleanze. Buon segno, infine, anche le contemporanee dimissioni, indotte da Roma, dei segretari regionali del Pd di Campania e Puglia, la prima risposta di Letta agli appelli e al diffuso malessere dentro e fuori il partito. Sarebbe, tuttavia, un errore pensare che si sia arrivati fino a questo punto solo per gli aspetti caratteriali e le personalità, diciamo così, debordanti dei due presidenti regionali. C’è qualcosa di più profondo e patologico su cui riflettere e investe i caratteri del sistema democratico, con il vulnus nel bilanciamento dei pesi e dei contrappesi, circa i poteri concessi in modo pasticciato alle Regioni e ai loro presidenti negli ultimi vent’anni. È ormai maturo il tempo che la sinistra, dopo decenni di rincorsa e di cedimento alle posizioni leghiste sulla devoluzione dei poteri statali, cominci a sfatare finalmente quella sorta di “tabù ideologico” che è diventato il federalismo regionalista in salsa italiana, soprattutto dopo la modifica del titolo V della Costituzione nel 2001 (voluta proprio dal centrosinistra). Siamo ormai in presenza di Regioni-Stato con poteri dei presidenti ampissimi, spesso molto discrezionali per il mancato bilanciamento. Ha ragione il direttore di questo giornale, Enzo D’Errico, quando scrive che De Luca, come del resto Emiliano, «si sono spinti anche oltre», sollecitati dall’adulazione dei cerchietti magici e convinti di aver raggiunto una sorta di intoccabilità. Sono gli effetti di sistemi in cui il potere personale travalica ogni forma di limitazione e di controllo, come nei regimi autarchici e nelle cosiddette “democrature”. E qui si apre una seconda riflessione. Per troppo tempo, sono stati tacciati di conservatorismo intellettuale e di nostalgie novecentesche quanti indicavano come un rischio reale per la democrazia e la gestione delle istituzioni democratiche italiane l’importazione di modelli spuri o, comunque, estranei alla tradizione e alle culture politiche della storia repubblicana. Come la personalizzazione della politica, con partiti e corpi intermedi depotenziati e addirittura demonizzati. Come la tendenza a risolvere il tema della governabilità e della rotta di collisione tra la democrazia e la capacità-velocità decisionale attraverso una torsione del sistema tutta incentrata sul versante dell’esecutivo e della semplificazione. Come l’inseguimento dell’investitura spesso plebiscitaria dell’uomo solo al comando, a tutto svantaggio della partecipazione e delle procedure democratiche. Processi e fenomeni che, non a caso, sono risultati accentuati proprio nelle regioni meridionali. Non è forzato percepire, nelle ultime settimane, un cambio di fase nel comune sentire popolare impresso dalla guerra in Ucraina. Sta emergendo una (ri)presa di coscienza della democrazia che può anche cambiare i dispositivi nella scelta dei profili dei governanti, prosciugando il brodo di coltura e di fascinazione per l’uomo solo al comando. Lungo tale traccia, considerati i tratti distintivi dei protagonisti, le crepe che si sono aperte in Campania e in Puglia potrebbero allargarsi velocemente per la disconnessione con questo sentimento che sta maturando dentro la società. 25 marzo 2022 | 14:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-03-25 13:24:00, Regionalismo e prime crepe,

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