Valditara: Educare al rispetto per chi ne sa di più, i docenti. Se non sono percepiti come autorevoli è un fallimento

Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del Merito del Governo Meloni

Ieri, 15 febbraio, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara è intervenuto al convegno Anp e di Laboratorio Apprendimento al Goethe-Institut di Roma. Al centro dell’incontro, di ambito internazionale, questioni che riguardano i docenti in Europa ed, in particolare, reclutamento, valutazione, carriera.

Il capo del dicastero di Viale Trastevere ha parlato di varie tematiche, tra cui il burnout degli insegnanti, il reclutamento, il merito. Il concetto su cui il ministro ha voluto concentrarsi maggiormente è stato il rispetto e l’autorevolezza dei docenti, che a suo avviso deve essere restaurata.

“Un tema che mi sta a cuore è l’autorevolezza e il rispetto dei docenti e di tutto il personale della scuola. Bisogna inserire nelle scuole la cultura del rispetto. Per ridare rispetto e autorevolezza non possiamo esimerci dal riesumare un concetto che è stato purtroppo cancellato dalla società confondendolo con la sua deriva negativa, il principio di autorità, che non c’entra nulla con l’autoritarismo. Questo è una deriva antidemocratica del principio di autorità, che invece esiste in ogni democrazia. Chi non comprende che il principio di autorità è alla base di ogni democrazia non ha capito nulla. Senza l’autorità, legittima e democraticamente costituita, non c’è un buon funzionamento della democrazia. Purtroppo bisogna superare un portato negativo del Sessantotto, che rinnega l’autorità”, ha esordito criticando la cultura del ’68.

“Il rispetto è un valore umano che è fondamentale. Dobbiamo abituare i ragazzi a non sentirsi al centro del mondo ma parte di una comunità, ad essere solidali. Dall’ego smisurato, dall’incapacità di sentirsi parte di una comunità derivano la prevaricazione, la derisione dell’altro, la violenza, il bullismo, l’arroganza. Educare al rispetto verso chi ne sa di più, l’insegnante ne sa di più. Dobbiamo superare la concezione sessantottina per cui uno vale uno e tutti siamo uguali. No, il docente ne sa di più e quindi con partecipazione e dialogo, valorizzando le aspettative, la sensibilità, la ricchezza interiore di ogni ragazzo, bisogna partire da questa concezione”.

Il ruolo cruciale del docente

Ecco qual è il ruolo del docente secondo Valditara: “Autorevolezza vuol dire alto senso di quella che è una vera missione, della dignità del proprio ruolo. Ci sono stati casi di docenti che sui social hanno tenuto comportamenti non coerenti con essa. Il docente deve sapere lavorare in una logica di squadra, deve motivare i ragazzi, entrare in sintonia con loro, cogliere le loro fragilità”.

Secondo il leghista bisogna personalizzare la formazione: “I ragazzi hanno bisogno di essere incoraggiati, talvolta di essere presi per mano. Bisogna che il docente sappia fare emergere i loro sogni, i loro talenti, le loro aspirazioni. Questa è la scuola del merito, una scuola che valorizzi i talenti di ciascuno, non una scuola aristocratica, elitaria, che valorizza solo pochi eletti, solo i bravi. Bisogna far emergere i talenti di tutti: la personalizzazione della scuola per me è strategica. Così intendo il merito. Ogni ragazzo ha un talento. Ho visitato una scuola in cui per essere ammessi bisogna avere almeno due bocciature o magari aver avuto problemi con la giustizia. Quei ragazzi sono meravigliosi. Quegli insegnanti hanno saputo trasformare quei ragazzi, che si sarebbero persi, in ragazzi che ce la faranno nella vita, che hanno capacità relazionali incredibili perché quei docenti hanno saputo far emergere i talenti”, ha detto.

“Quindi non basta solo avere una buona formazione ma essere capaci di costruire un percorso. Ed è evidente che magari bisogna modellare la formazione. Probabilmente se quei ragazzi fossero stati costretti a studiare i logaritmi o il greco si sarebbero persi”.

E, sui rapporti tra scuola e famiglie: “Partecipazione delle famiglie, dei docenti, degli studenti, delle parti sociali, non solo i sindacati ma anche le associazioni di categoria che esprimono le potenzialità e gli interessi del territorio: ognuno di essi ha un ruolo nella visione di una scuola amica in uno Stato amico. Questa Grande Alleanza deve far maturare questo dialogo. Oggi c’è molta contrapposizione, o comunque incapacità di dialogare tra il mondo delle famiglie e quello della scuola, c’è un’incomunicabilità crescente, un’insoddisfazione crescente, un’incapacità di avere un rapporto positivo”.

Privati a scuola

Valditara ha anche discusso a proposito del tanto criticato ingresso dei privati nelle scuole: “Visto che gli stipendi sono così bassi ho pensato di iniziare a destinare 300 milioni per valorizzare il lavoro del personale della scuola. Ovviamente ci deve essere attenzione da parte dello Stato ma anche coinvolgendo il privato. Dico agli imprenditori: avete uno straordinario bisogno  di personale formato, di qualifiche. Bene, così come si investono tanti soldi nell’acquisto di un macchinario, si deve avere il coraggio di investire tanti soldi nella scuola, con un Fondo Nazionale per tutte le scuole. Credo che tutte le energie devono essere mobilitate. Non solo il pubblico deve fare la sua parte, ma anche il privato”.

Cellulari a scuola, Valditara: “Non siamo ingenui”

La circolare a proposito del divieto di usare i cellulari a scuola rientra, comunque, nel ripristino della cultura del rispetto voluto da Valditara: “Cellulari a scuola? Tanti giornalisti non hanno letto la circolare. Non siamo ingenui, abbiamo miliardi da investire nella Cittadinanza Digitale, sui lavoratori digitale. Non pensiamo che i tablet debbano essere esclusi dalle aule. Pensiamo che se un docente sta spiegando il ragazzo non può mettersi a guardare un film, a chattare con l’amico, a riprendere il docente e spedirlo sui social. Tutto ciò entra nella cultura del rispetto, nel rispetto dell’autorevolezza del docente. Un’insegnante mi ha raccontato di aver detto ad una studentessa di non ascoltare musica in quanto stesse spiegando. La ragazza ha così risposto: ‘Non puoi dirmi cosa posso fare’. La docente ha insistito ma la studentessa si è rifiutata nuovamente di obbedirle. L’insegnante si è così rivolta alla dirigente che ha consigliato di lasciar perdere. Questo è il fallimento di una modalità educativa. Vuol dire che l’insegnante non è concepita come una persona autorevole e che la studentessa può fare ciò che vuole e quindi non diventerà una buona cittadina”, ha concluso.

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