Valentino ulula con Beethoven (ma non con Bach e Brahms)

Consentitemi un momento di leggerezza, fra tante notizie orribili. I nostri animali, del resto, servono anche a questo: a strapparci un sorriso. Forse è anche per questa ragione che molti profughi dall’Ucraina fanno l’impossibile per portarsi con sé cani e gatti. Vi racconto dunque che cosa è successo con Valentino : una sera ho cominciato ad ascoltare i Quartetti di Beethoven, sprofondato sul divano del salotto. La musica in casa nostra non è naturalmente una novità, dal rock al jazz alla musica classica, così come non è raro che la televisione sia accesa: i cani, se presenti, non hanno mai, ma proprio mai mostrato alcun comportamento particolare. Al contrario, sono sempre rimasti placidamente sdraiati come se neppure sentissero il suono che usciva dagli altoparlanti.

L’altra sera, invece, dopo pochi secondi di quartetto per archi, Valentino ha cominciato ad ululare: dapprima quasi sottovoce, e come stupito lui stesso, poi in modo sempre più esplicito e vocale, col muso tutto all’insù proprio come un lupacchiotto. Dopo un po’ si è calmato, ma dopo un altro po’ ha ricominciato. Ho spento lo stereo. Ma naturalmente non si è spenta la curiosità. Escludendo il jazz e il rock — Valentino aveva già ascoltato, diciamo così, molti dischi senza alcuna reazione — ho provato a fare qualche esperimento con la musica classica. Ho tentato dapprima con un altro quartetto (di Mozart), e Valentino ha appena alzato le orecchie, si è guardato intorno, ha sbadigliato (un tipico segnale autocalmante) ed è tornato a riposare. Sono allora passato al pianoforte (Brahms), e qui Valentino, non appena le note si sono infittite e il suono si è fatto più pieno, è tornato lupo.

Che dipenda dall’intensità del suono, dalla sua tessitura? Non sono un musicologo né un tecnico del suono, dunque perdonerete i termini un po’ approssimativi. Sta di fatto che con il pianoforte di Bach — che usa molte meno note di Brahms — Valentino è rimasto quieto e indifferente. Infine, ho riprovato con il primo movimento del primo quartetto di Beethoven, là dove tutto era cominciato: e Valentino (lo potete vedere nel video) ha reagito esattamente come la prima volta.

Ho pensato dapprima che l’ululato esprimesse una qualche forma di fastidio: ma se così fosse, Valentino semplicemente se ne andrebbe in un’altra stanza o chiederebbe di uscire. Nei lupi l’ululato serve a segnalare la propria presenza e, nel richiamo collettivo, a confermare la compattezza del branco: ma ha anche molti altri significati, e la capacità di modularlo e impiegarlo in circostanze diverse non ha finora trovato una spiegazione compiuta.

In parte, insomma, resta un mistero. Nei cani, poi, è particolarmente raro (tranne che nei cani lupo cecoslovacchi), almeno per quanto ne so: personalmente, Valentino è il primo che sento. Chissà, forse intendeva segnalare qualcosa di anomalo, qualcosa di nuovo: ma a chi? Sandro, a due passi da lui quando ho girato il video, non ha reagito né all’ululato né alla musica. Il secondo mistero, poi, riguarda proprio la musica che innesca questa reazione: non ho capito se è un problema di frequenze, di specifici accordi, o magari di complessità dello spartito. E poi perché non è mai accaduto con nessun altro genere musicale? Continuerò gli esperimenti: e chissà, fra i lettori ci sarà qualcuno con un’esperienza simile da condividere.

19 marzo 2022 (modifica il 19 marzo 2022 | 12:07)

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, 2022-03-19 12:04:00, L’ululato nei cani non è frequente. Curiosa la reazione manifestata all’ascolto dei Quartetti, non innescata da altri brani e da altri generi musicali. Resta il mistero sonoro, Fabrizio Rondolino

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