Valenzi e quel noi che potrebbe tenere insieme la città

la riflessione Mezzogiorno, 24 gennaio 2023 – 12:41 Riflessioni sul fil La giunta di Alessandro Scippa, prodotto da Antonella Di Nocera di Marco Demarco La Giunta anche un film su Valenzi, il sindaco comunista, il leader che accolse Togliatti a Napoli, l’eroe condannato ai lavori forzati dal regime fascista di Vichy, l’amico di Tristan Tzara, di Paul Eluard e di Eduardo. Cos come anche un film su Andrea Geremicca, il giornalista de L’Unit che divenne dirigente di partito e che avvicinandosi ai disoccupati e ai senzatetto fece davvero del Pci una forza non pi solo operaista, ma popolare e di massa. Cos, ancora, come anche un film su Antonio Scippa, uno dei pilastri delle giunte rosse a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. L’assessore delle targhe alterne e dei vicoli palettati per impedire la sosta, nonch il padre del regista. Ma La giunta di Alessandro Scippa, prodotto da Antonella Di Nocera, soprattutto altro. E questo altro ne definisce il limite, ma – ha scritto bene Eduardo Cicelyn sul nostro giornale – allargando contemporaneamente l’orizzonte dello spettatore. Il film non si misura con la Storia. Non aggiunge nulla alla trama di quegli anni – e qui ha invece ragione Antonio Fiore – che restano molto citati e poco studiati. Non dice delle assai discutibili scelte urbanistiche fatte a Napoli in quegli anni. E mai accenna al ruolo degli alleati, dei repubblicani di Galasso, dei socialdemocratici di Picardi e dei socialisti di Di Donato e Locoratolo. un film sui comunisti e volutamente solo sui comunisti. Ma proprio per questo un film sincero. Anzi: sinceramente autobiografico. Semplicemente, racconta un mito corale altrimenti destinato all’oblio. Tutt’altra cosa rispetto all’ambiguo episodio dei Vesuviani in cui Martone, volendo raccontare il riscatto di un’intera citt, fin invece, suo malgrado, per affermare il mito di un Bassolino-Sisifo in solitaria ascesa sul vulcano. In linea con un cinema che i maestri hanno gi portato nella dimensione dell’autobiografismo assoluto, appunto, Alessandro Scippa tocca corde di altro tipo: il suo un film su qualcosa che stiamo perdendo e che vorremmo invece conservare: quel senso del noi che paradossalmente si creava dandosi del tu tra compagni, fuori e dentro le sezioni del Pci, senza ossequio per le differenze di et, di censo o di cultura. Sia chiaro: era spesso un noi ipocritamente paritario, in un partito che tra l’altro chiamava Il Migliore il suo segretario, e che nel film emerge in modo netto quando si parla delle famiglie militanti, dove erano quasi sempre le donne a dover fare un passo indietro. Era tuttavia un noi aspirazionale. E in questa chiave oggi Alessandro Scippa sembra riproporlo. Era il noi che teneva insieme, nonostante tutto, i genitori di Federico Geremicca. Era il noi, che sempre Federico racconta, della riconciliazione tra due dirigenti agli antipodi come il padre, Andrea, migliorista, in punto di morte, e Antonio Bassolino, ingraiano, che volle incontrarlo per un ultimo saluto. Ed ancora il noi in cui, a Bagnoli, sui resti dell’Italsider, si ritrovano oggi due generazioni, quella post-materialistica della stessa produttrice, Antonella Di Nocera, e quella fordista di suo padre, uno dei settemila operai dell’acciaieria. Un noi – sembra dire Alessandro Scippa – che dal partito potrebbe ora trasferirsi alla citt. Come? Difficile dirlo. Ma se l’autobiografismo spinto dei Sorrentino, degli Irritu e degli Spielberg stato accolto come denuncia di una societ connessa via internet ma sconnessa dalla realt, perch quello dei comunisti napoletani non potrebbe funzionare come spinta a superare una Napoli senza pi centro e visione? Potrebbe essere questa la ragione per cui la frase pi significativa del film non nel film, ma il film stesso. La frase l’ha pronunciata pi volte il regista, anche l’altra sera alla prima napoletana. questa. Fino a quando non ho lasciato Napoli per Torino, mio padre usava il noi per dire noi comunisti, noi della giunta Valenzi. Poi, quando sono tornato dopo molti anni, ho notato che usava il noi per dire noi napoletani, noi che teniamo per il Napoli. E allora ho capito che, passata la stagione della politica come passione, in assenza di altro, anche lui che non era mai andato allo stadio ha dovuto ripiegare su una nuova appartenenza, quella della tifoseria azzurra. Un segno dei tempi, raccontato con garbo e senza pretese neo-ideologiche. A noi la libert di raccoglierlo e di farne tesoro. Senza nulla togliere, ovviamente, a Kvaratskhelia e compagni (di squadra). 24 gennaio 2023 | 12:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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