Valorizzare gli Istituti Tecnici e Professionali, puntiamo su abilità e competenze utili per la nuova realtà 4.0: INTERVISTA al dirigente scolastico Angelo Nasca

L’Istruzione tecnica e quella professionale sono, è assolutamente risaputo e consolidato, più che altro radicato nelle coscienze dei genitori e dei numerosissimi alunni che li scelgono, validissime e strepitose alternative culturali e formative dotate di pari valore e di pari dignità. Ne parliamo, a pochi giorni dall’inizio dell’anno scolastico, con il prof. Angelo Nasca Dirigente Scolastico dal 2019 e attualmente alla guida, con autorevole competenza organizzativa, gestionale e normativa, dell’I.T. Carlo Alberto Dalla Chiesa di Partinico (PA). Angelo Nasca, laureato in Chimica, è nel mondo della scuola da circa trenta anni. Ha insegnato Chimica nelle scuole superiori, Scienze negli ex centri Eda e nelle scuole secondarie di primo grado ed è stato collaboratore del DS per circa 15 anni. Nel corso della carriera scolastica ha partecipato a numerose attività formative privilegiando tematiche come inclusione, dispersione, educazione informale e non formale, valutazione ed ha insegnato in vari corsi di formazione. Cerchiamo di comprendere, a partire dalla sua esperienza e dalla sua realtà, quali i grandi traguardi attesi dalla formazione tecnica e professionale.

Anche il ministro Valditara, in continuità con il suo predecessore, ha sottolineato l’importanza dell’istruzione tecnica e professionale. Il suo obiettivo è quello di creare una filiera sola: all’istruzione superiore all’università. E non solo per quello, vero dirigente?

«Il progetto di riforma degli Istituti Tecnici e Professionali del Ministro è molto ambizioso e mira a contrastare la dispersione, la disoccupazione giovanile e il gap esistente tra le richieste del mercato del lavoro e i sistemi formativi. Il progetto sottolinea, finalmente, l’importanza dell’Istruzione Tecnica e Professionale come valida alternativa ai percorsi liceali e non un ripiego come attualmente si ritiene. Tale riforma è quanto mai importante in quanto i cambiamenti del mondo del lavoro esigono continui adattamenti e sviluppi tecnologici ai quali gli attuali Istituti Tecnici e Professionali non possono rispondere con tempistiche immediate. Pertanto, un sistema educativo tecnico/professionale che permetta di acquisire elementi di flessibilità per fare fronte ai continui cambiamenti della realtà attuale è quanto mai importante. Per capire l’ importanza dell’ acquisizione di competenze flessibili e versatili utilizzabili in vari contesti lavorativi e non, una recente ricerca educativa ha evidenziato che, gli alunni che attualmente frequentano la scuola secondaria di primo grado, al termine del loro percorso universitario, potrebbero fare dei lavori che attualmente non sono stati neanche inventati!».

Professore Nasca, la recente riforma degli istituti tecnici e professionali serve, prima di tutto, a garantire maggiori e migliori figure specializzate nel mondo del lavoro. Quale è l’impegno, ad esempio, del suo istituto in relazione alla partnership tra aziende e scuola?

«Consapevoli che le diverse realtà presenti nel territorio possano fornire un valido contributo utile a qualificare l’ offerta formativa, il nostro Istituto da sempre ha operato e continua ad operare stipulando accordi e partnership con aziende o professionisti molto qualificati che possano dare un valore aggiunto ai nostri studenti. Nell’ultimo anno scolastico abbiamo collaborato con: Anpal servizi, Università di Palermo, Università di Salamanca, Università di Oxford, ST Microelectronics sede di Catania, Grimaldi Lines, Magic motor sport, ed altri I nostri ragazzi hanno avuto la possibilità di operare in contesti lavorativi che in assenza di partenariati e/o convenzioni difficilmente avrebbero conosciuto o frequentato. Naturalmente dalle varie esperienze il loro bagaglio culturale e di skills ne è uscito molto rafforzato e pronto per affrontare con maggiore consapevolezza il mondo del lavoro».

L’istruzione tecnica e professionale non è stata più percepita, nel recentissimo passato, con la pari dignità serbata al liceo. Dopo un boom senza precedenti per l’istruzione tecnica, che ha coinciso con lo sviluppo del sistema industriale italiano, il sistema scolastico italiano è stato scandito da una visione classista delle istituzioni scolastiche con scuole di serie A e scuola di serie B. La scuola in realtà, inutile ribadirlo, fornisce agli studenti due alternative dotate di pari valore e di pari dignità, sulla base del modello tedesco. Oggi più che mai in Italia possiamo dire che sia in vigore un intimo e efficace rapporto tra scuola e impresa con l’istruzione Tecnica e con l’istruzione professionale?

«L’ analisi evidenzia la realtà degli ultimi anni. Passato il boom degli Istituti Tecnici che ha portato sviluppo e benessere derivanti dalla crescita del sistema industriale, la scuola Italiana ha virato privilegiando una formazione liceale a scapito della formazione tecnica/ professionale. Ancora oggi diversi genitori indirizzano i propri figli verso la formazione liceale, molte volte non tenendo conto delle attitudini o delle volontà dei propri figli, ritenendo che i propri figli debbano fare tutti i medici o gli ingegneri e non i tecnici specializzati. Qualche insegnante per auto accreditare la qualità del proprio insegnamento, indirizza alunni verso i percorsi liceali, poco importa se al primo test d’ ingresso i risultati sono disastrosi. Ritornando al quesito, il rapporto scuola impresa, soprattutto al sud, non è attualmente molto produttivo. Tranne in alcune realtà la scuola non riesce a rispondere alle esigenze formative delle aziende che operano nel territorio. Per rispondere in tempi abbastanza brevi occorrerebbe un cambio radicale del sistema scuola con programmi ed indicazioni nazionali alquanto flessibili in modo da attuare pienamente l’autonomia scolastica sviluppando prevalentemente quelle tematiche ” richieste” dalle imprese e dal mondo del lavoro».

Dirigente, nel presentare la sua idea di formazione tecnica, il prof. Valditara ha affermato, sinteticamente, che valorizzare gli istituti tecnici e professionali vuol dire rimettere sullo stesso piano intelligenza concreta e intelligenza astratta. Una modalità necessaria, utile e fondamentale per considerare in maniera nuova il destino produttivo del paese. Possiamo dire che è così?

«Considerazioni condivisibili soprattutto per chi opera negli Istituti Tecnici e Professionali. Premesso che il pensiero astratto ci permette di elaborare, descrivere e manipolare le informazioni mentali e che il pensiero concreto ci permette di elaborare, descrivere le stesse le stesse informazioni ma con riferimento al mondo fisico, le due forme di intelligenza, concreta e astratta, devono necessariamente coesistere allo stesso livello per affrontare con successo le sfide che la realtà 4.0 ci pone ogni giorno. E’ quanto mai necessario passare alla scuola delle diversità dove valorizzare ogni singolo alunno in funzioni delle attitudini del talento che possiede. Ogni studente è unico, sia che possieda un’intelligenza intellettuale astratta o che possieda un’intelligenza manuale concreta, e questa unicità deve essere valorizzata. Ricordo a tal proposito gli articoli della Costituzione per i quali ogni studente ha diritto allo studio, ad una formazione culturale e professionale qualificata che rispetti e valorizzi l’identità di ciascuno sia concreta che astratta».

Preside, per una scuola che valorizzi la diversità sarebbe necessario garantire a tutti gli alunni un’opportunità, senza mozzare, sul nascere, le loro inclinazioni e puntando su una formazione costruita su ciascun alunno. Il suo istituto che, nell’ultimo anno, ha fatto scelte all’avanguardia e di grande rilievo, come si presenta sul panorama della scuola che guarda, con attenzione, alle singole identità?

«Ogni alunno è diverso dagli altri e tale diversità è sicuramente una ricchezza da “sfruttare” per fare crescere il singolo alunno e l’intero gruppo classe
Occorre passare da una scuola che propone percorsi uguali alla scuola delle diversità dove diviene fondamentale la valorizzazione di ogni singolo alunno in funzione delle attitudini, del talento, che possiede. Per questo motivo occorre personalizzare ed individualizzare quanto più possibile i piani di lavoro, cambiarli, quando serve, per adattarli a sopravvenute esigenze o necessità e per costruire, giorno dopo giorno, teste pensanti. Dice E. Morin ” meglio una testa ben fatta piuttosto che una testa ben piena”. È inutile una accumulazione quantitativa dei saperi, al contrario risulta essere utile determinare un’attitudine generale, una flessibilità che permetta di rispondere con competenza a problematiche diverse sia astratte che concrete. Questo si può realizzare conoscendo attitudini, inclinazioni, interessi dei singoli alunni e indirizzando gli stessi verso un tipo di formazione atta ad acquisire competenze o valorizzare skills gia in parte possedute».

È necessario valorizzare e puntare su di una rinnovata alleanza tra famiglie, studenti, docenti e parti sociali. Condizione che da sola permette che ciascuno studente sia valorizzato a partire dalle sue attitudini e dai suoi talenti. Concretamente come permettere questo virtuosismo di sinergie?

«Per rispondere all’ esigenza formativa attuale fondamentale risulta l’ alleanza tra tutte le componenti della comunità educante. Molto interessante a tal proposito il DM 65/2013 che prevede attività di orientamento, di inclusione e di contrasto della dispersione scolastica, ivi comprese quelle volte a definire percorsi personalizzati per gli studenti. Partire quindi dalle attitudini dell’ alunno, capire cosa predilige o in quale contesto si sente più a suo agio in modo da costruire percorsi idonei alle sue esigenze formative e orientare per le scelte future. Tale ragionamento non può fare a meno del coinvolgimento attivo delle famiglie. Naturalmente per attuare ciò la scuola deve essere pronta a coordinare questa comunità educante prevedendo momenti di incontro/ confronto tra le varie componenti costituendo, come nel nostro caso, anche un Comitato Tecnico Scientifico al quale partecipano tutti gli stakeholders con la finalità di programmare e attuare una offerta formativa valida per affrontare con successo la società liquida (cit. Baumann) attuale. È acclarato che quando la scuola, le famiglie, le parti sociali, ognuno per la propria parte, si impegnano insieme nell’educazione dei giovani, si costruisce una base solida per il successo futuro.
Questa partnership non solo migliora l’apprendimento degli studenti, ma contribuisce anche a creare cittadini equilibrati, motivati e pronti ad affrontare le sfide del mondo in continua evoluzione».

Tra poche settimane, professore Nasca, prende avvio l’anno scolastico 2023-2024. In più attendono cambiamenti significativi nella scuola italiana. Davvero sarà, il prossimo, l’anno della svolta?

Ce lo auguriamo. In primis ci auguriamo che tutti i nostri alunni raggiungano il successo formativo, obiettivo fondamentale dell’ intero sistema scuola. I veri cambiamenti significativi passano senza dubbio dal raggiungimento delle priorità e dai traguardi definiti dall’ Unione Europea. Ricordo gli obiettivi comuni a tutti i Paesi membri individuati dal Quadro strategico: 1 favorire l’apprendimento permanente e la mobilità; 2 migliorare la qualità e l’efficacia dell’educazione; 3-promuovere l’equità, la coesione sociale e la cittadinanza attiva; 4- incoraggiare la creatività e l’innovazione, inclusa l’imprenditorialità
Purtroppo siamo ancora lontani da questi obiettivi e per raggiungerli occorre cambiare l’approccio dell’ intero sistema scuola nei confronti di certe tematiche come l’abbassamento del numero degli alunni per classe, la riforma dei programmi a partire dalla scuola primaria, la formazione permanente e continua del personale. Un nodo fondamentale è sicuramente rappresentato dalla formazione del personale. La qualità di una scuola dipende dalla qualità dei suoi insegnanti e la qualità degli insegnanti passa senza alcun dubbio dalla qualità della formazione che i docenti possiedono».

La “condotta” o il cosiddetto comportamento restano priorità nella scuola italiana? Fino ad oggi come ha reagito la nostra scuola alla questione che interessa alcuni (per fortuna pochi) studenti italiani? Il nostro sistema formativo di cosa avrebbe bisogno, davvero?

«Di tanto in tanto i vari mezzi di comunicazione pubblicano notizie, fortunatamente casi isolati, problemi comportamentali che in alcuni casi sfociano in fatti di carattere penalmente perseguibili. Le Istituzioni scolastiche, oltre a trasmettere saperi hanno tra i propri obiettivi quello di trasmettere valori etici e morali, trasmettere atteggiamenti, comportamenti. Pertanto, le problematiche comportamentali sono senza dubbio una componente importante del processo educativo che le scuole attuano. Sicuramente il problema deve essere affrontato in via preventiva ed evitare quindi di arrivare alla fase repressiva che porta spesso all’ allontanamento degli studenti dalle classi. Nella fase preventiva, secondo la mia opinione, l’ autorevolezza del docente è fondamentale. Prendersi cura dello studente, Don Milani lo sosteneva tanti anni fa, dedicare un po’ di tempo ad intrecciare relazioni positive con gli studenti porta sempre a creare quell’ ambiente positivo che previene comportamenti poco consoni. La scuola deve costruire ponti non muri. Nel caso in cui si dovesse arrivare a situazioni perseguibili dai vari regolamenti di disciplina allora diventa importante verificare la fattibilità di provvedimenti sostitutivi dal semplice allontanamento delle classi che serve a poco».

Quali problemi rimangono irrisolti a poche settimane dall’avvio del 2023-2024?

«Premetto che per natura sono sempre abituato a vedere il bicchiere mezzo pieno. Tanti i problemi irrisolti a pochi giorni dell’avvio del nuovo anno scolastico, basti pensare alle assegnazioni del personale ancora da definire , agli organici ATA non sufficienti per fare fronte alle numerose incombenze che in questi ultimi anni gravano sulle segreterie, alle problematiche di logistica, ai difficili rapporti con gli enti locali per adeguamenti vari, al reclutamento del personale a tempo determinato, all’applicazione del nuovo CCNL, ecc. Ma ad affrontare le criticità il mondo della scuola è abituato, molte volte con soluzioni “ingegnose” che sostituiscono inefficienze di altri. Sarebbe bello iniziare l’anno senza problemi di organici, strutturali ecc., ma ancora oggi questo non è possibile anche se occorre evidenziare che negli ultimi anni grazie ad ingenti finanziamenti (Sostegni, Sostegni bis, PON, e ora PNRR) alcune  “problematiche” sono state in parte affrontate».

La valutazione rimane il nodo irrisolto della scuola italiana. Voto sì o voto no? Più e meglio ancora sarebbe utile comprendere se davvero al centro della valutazione ci sono le competenze e la formazione dell’uomo o del cittadino o rimangono, come lamentano in molti, genitori, alunni e gli stessi docenti, le conoscenze?

«L’argomento valutazione da sempre rappresenta una sfida per l’intero sistema scolastico italiano. Nel corso degli anni si è cercato di affrontare l’ argomento valutazione ma con scarso successo. Basti pensare ai continui passaggi nel tempo tra valutazioni numeriche e valutazioni per giudizi. La domanda che ci dobbiamo porre è sempre la stessa. A cosa serve la valutazione ? Serve a misurare il grado di acquisizione di contenuti di un alunno o serve ad altro. Sicuramente la valutazione, intesa come valutazione formativa, può essere considerata sia come un punto di arrivo di un percorso educativo ma anche come punto di partenza nell’ ottica di un processo ciclico finalizzato non ad effettuare fredde misurazioni ma a valutare il grado di acquisizione di competenze ed abilità fondamentali per la formazione del cittadino. A tal proposito potrebbe essere proposto un sistema di valutazione come quelli in uso in alcuni paesi nordici e verificare che tipo di ricaduta potrebbe avere nel nostro sistema di Istruzione. Sistemi basati non sui voti ma sui livelli raggiunti nelle singole competenze, ovvero quali competenze siano state raggiunte e quali siano ancora da raggiungere. In Italia si potrebbe estendere, anche in via sperimentale, il sistema di valutazione usato per le certificazioni delle competenze usato nelle classi quinte primaria, terza media e seconda scuole superiori».

Se volesse utilizzare questo quotidiano per indirizzare un messaggio, una richiesta, una proposta al ministro dell’Istruzione e del Merito prof. Valditara, cosa direbbe? Cosa proporrebbe?

«Di “prendersi cura” del mondo scuola, perché proprio dalla sua qualità dipende il futuro del paese. Lo testimonia il fatto che i Paesi che hanno sistemi scolastici efficaci ed efficienti sono quelli che garantiscono i migliori tenori di vita ai cittadini. Nel caso specifico della nostra scuola, una maggiore valorizzazione degli Istituti Tecnici e Professionali puntando sulla formazione di tecnici con abilità e competenze utili per rispondere alle esigenze del sistema produttivo italiano. L’economia di uno Stato si basa principalmente sui processi produttivi, chi produce ha un PIL (prodotto interno lordo) elevato. E proprio questi Stati hanno un sistema scolastico dove gli istituti tecnici e professionali sono molto attenzionati e l’ apprendistato/ alternanza rappresenta buona parte del percorso didattico. Si veda ad esempio la Germania dove Hauptschule (i nostri professionali) e la Realschule (i nostri tecnici) rappresentano validissime alternative al Gymnasium (i nostri licei) e formano un gran numero di tecnici fondamentali per l’ economia tedesca».

, L’articolo originale è stato pubblicato da, https://www.orizzontescuola.it/valorizzare-gli-istituti-tecnici-e-professionali-puntiamo-su-abilita-e-competenze-utili-per-la-nuova-realta-4-0-intervista-al-dirigente-scolastico-angelo-nasca/, Politica scolastica, https://www.orizzontescuola.it/feed/, Antonio Fundarò,

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