«Vatican Girl», il caso Emanuela Orlandi tra racconto e inchiesta

di Aldo Grasso

Il documentario si sofferma non poco sul ruolo del Vaticano

Sarebbe interessante calcolare quante ore la tv ha dedicato al caso di Emanuela Orlandi (più il film di Roberto Faenza, La verità sta in cielo), una ragazzina di 15 anni, figlia di un funzionario del Vaticano, rapita il 22 giugno del 1983 e mai più ritrovata. Certo, la storia è drammatica e l’oscurità che l’avvolge angoscia non poco, ancora oggi. Le ipotesi si sprecano: dal Kgb al movimento nazionalista turco dei Lupi grigi di cui faceva parte l’attentatore di Papa Giovanni Paolo II, Ali Agca, alle presunte «attenzioni» dell’allora potente presidente dello Ior Paul Marcinkus. Secondo l’ex giudice Ferdinando Imposimato, Emanuela vivrebbe in Turchia, felice con il suo compagno che è anche uno dei suoi sequestratori. Secondo altri inquirenti, il sequestro sarebbe avvenuto per esercitare pressioni sul Vaticano, cui la Banda della Magliana aveva prestato una grossa somma di denaro da destinare al sindacato polacco Solidarnosc. Su Netflix è da poco approdata una docu-serie destinata a far discutere: Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi.

In quattro puntate, l’autore e regista Mark Lewis mescola racconto e inchiesta, secondo un tratto che la piattaforma da tempo sperimenta anche rispetto a casi di cronaca più recenti. Attraverso la voce delle sorelle e del fratello di Emanuela, di testimoni inquietanti (è il caso di Sabrina Minardi, ex compagna del calciatore Bruno Giordano e del boss della Magliana, Renatino De Pedis), di filmati d’epoca si tenta di mettere assieme i pezzi di un puzzle esiziale. Sulla base di alcune rivelazioni contenute nei cosiddetti VatiLeaks, il documentario si sofferma non poco sul ruolo del Vaticano, tanto che Carlo Calenda, dopo aver visto la serie, ha chiesto che il ministro degli Esteri «pretenda» dal Vaticano la verità sul caso di Emanuela. L’impressione è che coloro che cercano il «mistero» ovunque non vadano necessariamente in fondo alle cose.

4 novembre 2022 (modifica il 4 novembre 2022 | 20:49)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-11-04 19:49:00,

di Aldo Grasso

Il documentario si sofferma non poco sul ruolo del Vaticano

Sarebbe interessante calcolare quante ore la tv ha dedicato al caso di Emanuela Orlandi (più il film di Roberto Faenza, La verità sta in cielo), una ragazzina di 15 anni, figlia di un funzionario del Vaticano, rapita il 22 giugno del 1983 e mai più ritrovata. Certo, la storia è drammatica e l’oscurità che l’avvolge angoscia non poco, ancora oggi. Le ipotesi si sprecano: dal Kgb al movimento nazionalista turco dei Lupi grigi di cui faceva parte l’attentatore di Papa Giovanni Paolo II, Ali Agca, alle presunte «attenzioni» dell’allora potente presidente dello Ior Paul Marcinkus. Secondo l’ex giudice Ferdinando Imposimato, Emanuela vivrebbe in Turchia, felice con il suo compagno che è anche uno dei suoi sequestratori. Secondo altri inquirenti, il sequestro sarebbe avvenuto per esercitare pressioni sul Vaticano, cui la Banda della Magliana aveva prestato una grossa somma di denaro da destinare al sindacato polacco Solidarnosc. Su Netflix è da poco approdata una docu-serie destinata a far discutere: Vatican Girl: la scomparsa di Emanuela Orlandi.

In quattro puntate, l’autore e regista Mark Lewis mescola racconto e inchiesta, secondo un tratto che la piattaforma da tempo sperimenta anche rispetto a casi di cronaca più recenti. Attraverso la voce delle sorelle e del fratello di Emanuela, di testimoni inquietanti (è il caso di Sabrina Minardi, ex compagna del calciatore Bruno Giordano e del boss della Magliana, Renatino De Pedis), di filmati d’epoca si tenta di mettere assieme i pezzi di un puzzle esiziale. Sulla base di alcune rivelazioni contenute nei cosiddetti VatiLeaks, il documentario si sofferma non poco sul ruolo del Vaticano, tanto che Carlo Calenda, dopo aver visto la serie, ha chiesto che il ministro degli Esteri «pretenda» dal Vaticano la verità sul caso di Emanuela. L’impressione è che coloro che cercano il «mistero» ovunque non vadano necessariamente in fondo alle cose.

4 novembre 2022 (modifica il 4 novembre 2022 | 20:49)

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Pietro Guerra

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