Vera Politkovskaja: Mia madre Anna e il suo sacrificio umano per il dittatore Putin

di Vera Politkovskaja

La figlia della giornalista uccisa nel 2006 ha dedicato un volume alla storia della madre reporter: Con la guerra sono tornate le minacce

Vera, anche lei reporter, ha scritto con Sara Giudice Una Madre, in uscita per Rizzoli il 21 febbraio. Il libro, del quale pubblichiamo alcuni estratti, dedicato al ricordo del lavoro della madre Anna e alla lunga battaglia per ottenere la verit sul suo omicidio. Vera incontrer i lettori alle presentazioni del volume a Roma, il 20 febbraio, all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone; a Torino, il 21 febbraio, alle Officine Grandi Riparazioni; e il 22 febbraio a Milano, alla Fondazione Feltrinelli, con la vicedirettrice vicaria del Corriere Barbara Stefanelli.

Mia madre sempre stata una persona scomoda, non solo per le autorit russe, ma anche per la gente comune che sfoglia un giornale e ne legge gli articoli . Purtroppo la maggioranza della popolazione russa crede a quello che le viene detto dagli schermi dei canali di Stato: un mondo virtuale creato dalla propaganda, dove, nel complesso, tutto va bene. E i problemi, che periodicamente vengono segnalati all’opinione pubblica, hanno origine nei Paesi occidentali o, come si dice in Russia con un sorrisetto, nell’Occidente in decomposizione.

Nei suoi articoli mia madre parlava raramente di cose piacevoli e quasi sempre era messaggera di cattive notizie. Scriveva la verit, nuda e cruda, su soldati, banditi e gente comune finita nel tritacarne della guerra. Parlava di dolore, sangue, morte, corpi smembrati e destini infranti.

Il 7 ottobre 2006, il giorno in cui stata uccisa, avevo ventisei anni e mi stavo preparando a diventare madre. Fino ad allora avevo voluto credere che la sua popolarit in Occidente avrebbe potuto in qualche modo salvarla da possibili rischi o da una morte violenta. Mi sbagliavo. I dittatori hanno bisogno di offrire sacrifici umani per consolidare il loro potere.

L’unico modo per proteggere la libert combattere la menzogna e dire la verit.

In Russia la libert manca, eppure non me ne sarei mai voluta andare. Il Paese che aveva dato i natali agli assassini di mia madre era anche il Paese dove volevo vivere e lavorare. In Russia tutti si sono dimenticati in fretta di Anna Politkovskaja, soprattutto la gente che conta, perch mantenere la memoria di persone come mia madre pericoloso. molto pi comodo perderne le tracce e dimenticare la sua verit.

In Occidente il nome Politkovskaja fonte di orgoglio. A mia madre intitolano piazze e vie, la sua attivit giornalistica viene studiata nelle universit, i suoi libri si vendono in tutto il mondo. In Russia quel nome avvolto dal silenzio. La Cecenia, al centro delle pi importanti inchieste di mia madre, adesso pacificata e il potere nella repubblica si stabilizzato. Comanda Ramzan Kadyrov, che ha sempre mostrato apertamente il suo odio per lei.

La guerra in Ucraina ha stravolto la nostra vita. Dopo il 24 febbraio 2022 il nostro cognome tornato ad avere un peso, a essere oggetto di minacce, ancora di morte, questa volta contro mia figlia, che solo un’adolescente. Da quando a scuola hanno iniziato a parlare del conflitto in Ucraina, i compagni si sono scagliati contro di lei. Pesantemente. Cos abbiamo scelto l’esilio volontario, la fuga in un altro Paese. Da un giorno all’altro abbiamo fatto le valigie e ce ne siamo andate da Mosca, che gi ci aveva tolto tanto. A me la madre, a mia figlia la nonna.

Ho deciso di scrivere questo libro per ricordare la lezione che mia madre ci ha lasciato: siate coraggiosi e chiamate sempre le cose con il loro nome, dittatori compresi.

[…]

Nel 1999 mia madre approd al giornale dove sarebbe rimasta fino alla fine dei suoi giorni, la Novaja Gazeta. La Cecenia entr nella sua vita attraverso la storia di una casa di riposo a Groznyj, i cui ospiti, circa novanta persone, si erano ritrovati nel mezzo delle operazioni militari. Insieme alla Novaja Gazeta , mamma organizz la loro evacuazione in un posto sicuro al di fuori del Paese e in seguito si occup di trovare loro una sistemazione definitiva.

Da quel momento cominci una serie infinita di storie e di questioni legate al Caucaso: campi profughi, indagini sui crimini commessi dai militari in Cecenia e molti, molti altri temi. […] Appena uscirono i primi articoli, la sua popolarit crebbe. Cos, con il tempo, le missioni in Cecenia, e in generale nella regione del Caucaso, si trasformarono in vere e proprie operazioni di intelligence.

Mia madre mi raccont che una volta, per superare uno dei posti di blocco in Cecenia, l’avevano fatta sdraiare sotto il sedile posteriore di un fuoristrada Uaz, ricoprendola di stracci e coperte. Oltrepassato il checkpoint, era rimasta in quella posizione per un centinaio di chilometri.

[…]

Quando mamma era via, in pratica non avevamo alcun contatto con lei, perch non esistevano linee telefoniche adeguate. Eppure non sono mai rimasta a casa ad aspettare che tornasse. Del resto, lei non l’avrebbe voluto. Mia madre era una donna estremamente indipendente e con questo spirito ha cresciuto anche noi .

[…]

…il nonno veniva spesso anche quando c’era mamma. Discutevano di politica davanti al caff mentre io e mio fratello ci preparavamo per uscire. Veniva per controllare sua figlia, per capire se dovesse partire ancora. Perch devi andare l, Anjutik? pericoloso, figlia mia si lamentava. […] necessario, pap rispondeva lei, provando a tagliare corto, poi si avvicinava e mi diceva all’orecchio di non parlare ai nonni delle sue prossime partenze, per non farli preoccupare troppo. Tanto poi lo avrebbero saputo comunque . Anche i parenti pi stretti le chiedevano spesso perch continuasse ad andare in Cecenia. Succedeva ogni volta che ci incontravamo, per esempio alle feste di compleanno. E lei rispondeva sempre allo stesso modo: Perch nessuno lo fa e quelle persone hanno bisogno di aiuto!. O, pi semplicemente: E chi ci andrebbe, se non io?.

18 febbraio 2023 (modifica il 18 febbraio 2023 | 08:43)

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