Il viaggio finale, lultimo pranzo e una partita a burraco: Massimiliano è andato a morire

di Chiara Lalli

Io e Felicetta Maltese lo abbiamo accompagnato in Svizzera per il suicidio assistito: fa freddo, nella stanza dove berr il farmaco c’ un cuscino con uno scoiattolo. Lui dice: Non piangete. Se non avessi paura del dolore avrei provato a togliermi la vita pi di un anno fa

Torniamo in Italia? gli chiedo. troppo tardi, lasciami andare, lasciatemi andare. Fuori fa freddo e c’ un laghetto con i pesci rossi e le ninfee e l’Italia lontana. Con le dita gelate difficile chiudere l’ultima sigaretta che gli faccio, mi cade il tabacco. Fino a gioved 8 dicembre l’ultima sigaretta era quella dell’eterna procrastinazione di Zeno, adesso ha questo significato letterale, tra le ninfee e il rumore delle macchine che passano. Rientriamo e Massimiliano beve un antiemetico e poi il farmaco mortale. C’ un cuscino con uno scoiattolo che mi guarda e la coda di pelliccia. talmente brutto e ridicolo che penso che stato messo l apposta, per bilanciare la tristezza. Ci consola, ci prende in giro – lui a noi. Mangio l’ennesimo cioccolatino e sfoglio le pagine che sono appoggiate sul tavolo senza leggere. Non piangete, ci dice. Qualche giorno prima Massimiliano aveva detto se non avessi paura del dolore avrei provato a togliermi la vita pi di un anno fa.

DOPO LA SENTENZA 242 DELLA CORTE COSTITUZIONALE, QUELLA CAPPATO/ANTONIANI DEL 2019, IN ITALIA SI PU ACCEDERE ALLA MORTE ASSISTITA IN PRESENZA DI QUATTRO REQUISITI. MA IN MOLTI CASI RISULTA IMPOSSIBILE MORIRE A CASA

Avrebbe voluto morire a casa sua, e invece siamo qui, in Svizzera. Avrebbe voluto morire a casa sua ma non stato possibile perch Massimiliano non aveva un “trattamento di sostegno vitale”. Se hai un respiratore, una Peg, che un tubicino infilato nello stomaco, o un altro marchingegno puoi chiedere di morire, ma se non ce l’hai no, non puoi anticipare la tua inevitabile morte. E tante, tantissime persone non ce l’hanno. Dopo la sentenza 242 della Corte costituzionale, quella Cappato/Antoniani del 2019, in Italia si pu accedere alla morte assistita in presenza di quattro requisiti: se hai deciso liberamente e autonomamente di morire, se hai una malattia che ti causa sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, se sei capace di prendere decisioni libere e consapevoli e se sei tenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale. A Massimiliano mancava quest’ultimo requisito. E allora dovuto andare in Svizzera.

Nessuna scelta

Oltre alla malattia che ti toglie tutto, non hai nemmeno la possibilit di scegliere, quando non ce la fai pi e prima che tu non sia pi in grado di farlo. Oppure prima di morire soffocato, perch la sclerosi multipla ti toglie i muscoli, piano piano, e poi arriva al respiro. Era la stessa malattia di Piergiorgio Welby, e non riuscire pi a respirare era stata la sua paura da quando aveva saputo di essere malato. Questi dettagli nessuno li vuole sapere, ma tu che hai quella malattia non fai altro che pensarci. Questi dettagli sono sempre trascurati e confusi nelle discussioni sul valore della vita e sulla sua inviolabilit. Che ci mancherebbe, la vita sicuramente inviolabile ma non dovrebbe diventare un dovere, un regalo trasformato in una trappola. La vita inviolabile ma la vita fatta anche di sciocchezze, di particolari che quando stai bene non ci pensi nemmeno. Di muscoli che si consumano e non servono pi, di prognosi, di nomi di farmaci, D di posologie, di esami, di certificati e della grafia incomprensibile dei medici – quelli che ancora scrivono a mano. Provate per qualche secondo a trattenere il respiro, a immaginare che cosa vuol dire perdere il proprio corpo, sentircisi intrappolati, avere l’ansia di sdraiarsi per paura di affogare. Dover pianificare anche una cosa cretina come bere un bicchiere d’acqua o aprire una finestra.

LA COSTITUZIONE ITALIANA, IN PARTICOLARE L’ARTICOLO 32, RECITA CHE NESSUNO PU ESSERE OBBLIGATO A UN DETERMINATO TRATTAMENTO SANITARIO SE NON PER DISPOSIZIONE DI LEGGE
Quel che resta

Ma che cosa significa, poi, “trattamento di sostegno vitale”? Un ventilatore, come quello che aveva Fabiano Antoniani, oppure un trattamento farmacologico come Davide Trentini o un catetere come Federico Carboni. E poi perch, perch dovrebbe essere rilevante? Se posso decidere, se le condizioni necessarie sono capire le conseguenze delle mie scelte, la mia libera decisione e una malattia incurabile, se ho un aggeggio oppure no (spesso non ancora, perch con l’avanzare della malattia ci si arriva) perch dovrebbe cambiare la mia libert? Perch senza un dispositivo di qualche tipo non posso essere aiutata a morire? Eppure cos, quindi Massimiliano avrebbe voluto morire a casa sua ma non ha potuto. Se non avessi paura del dolore. Se avessi una pistola. Immaginate di passare le giornate a pensare a come morire. E non perch volete morire, non perch siete depressi o maniaci ossessivi. Ma perch quello che vi rimasto fatto di faticosissimi e dolorosi tentativi falliti di fare qualcosa da soli, di farvi una sigaretta, di parlare, di grattarvi un orecchio. Di respirare. E dell’attesa che le ultime funzioni del vostro corpo smettano di funzionare. Io che farei? Voi che fareste?

Sapere di poter scegliere

Non lo so, non sono sicura, ma sono sicura che vorrei scegliere. E sono sicura che sapere di poter scegliere mi farebbe stare meglio, o almeno non aggiungerebbe quell’angoscia che deriva dal non poter decidere pi niente, n di alzarsi, n di stare seduta, n di smettere di vivere in un modo che per me ormai intollerabile. Niente. In Svizzera fa freddo e il giorno prima della morte di Massimiliano andiamo a pranzo. Per entrare in un ristorante non c’ nemmeno l’accesso per la sedia a rotelle, ci sono due vasi con due belle piante che stringono il passaggio. E non ci sono tavoli al piano terra, solo al primo piano. Ma non c’ l’ascensore. In albergo l’altezza dei tavoli sbagliata, le stanze sono troppo anguste, il bagno non attrezzato. Fa freddo, tutto scomodo, faticoso, complicato. Il pomeriggio giochiamo a burraco, gli tengo le carte perch lui non riesce pi a farlo. Penso a quando giocavo a scala quaranta con mia nonna e mi faceva sempre vincere – non proprio educativo, no. Mi abbraccia e mi chiede scusa perch non riesce a stringere. Io che farei? Voi che fareste? Non lo so, ma quel poco, pochissimo che io ho potuto fare stato accompagnare Massimiliano in un viaggio che era gi abbastanza straziante e che non era giusto facesse da solo.

IMMAGINATE DI PASSARE LE GIORNATE A PENSARE A COME MORIRE. E NON PERCH LO VOLETE O PERCH SIETE DEPRESSI
La malattia inevitabile, questo esilio non lo era

Avrebbe dovuto poter scegliere di morire a casa sua, senza questo ulteriore ed evitabile peso, senza tutte queste ore di viaggio, senza dover andare in una citt che non era la sua. Se la malattia inevitabile, questo esilio non lo era. Chi avrebbe dovuto fare una legge decente non l’ha fatta, fingendo di poter rimandare e aspettare. Ma quando hai una malattia progressiva, quando passi tutto il giorno a pensare a come smettere di vivere — non perch non vuoi vivere, ma perch quella per te solo una sopravvivenza dolorosa e penosa — aspettare un inferno. Il tempo diverso per chi aspetta. Il tempo diverso per chi sta male.

IL PADRE BRUNO: IL CORPO SUO, LO SENTE LUI COSA SOFFRE. E NOI NON POSSIAMO DIRE DI NO. VORREI CHE FOSSE UNA COSA FATTA IN ITALIA

Provate solo per qualche secondo a trattenere il respiro, e ad aspettare che qualcuno vi venga in aiuto. Risento nella mia testa le parole di Piergiorgio Welby: Morire mi fa orrore, purtroppo ci che mi rimasto non pi vita – solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non pi mio. l, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti. Tutti i malati vogliono guarire, non morire. Tra desideri e speranze, il tempo scorre inesorabile e, con il passare del tempo, le speranze si affievoliscono e il desiderio di guarigione diventa desiderio di abbreviare un percorso di disperazione.

L’autodenuncia come testimonianza civile

Avremmo potuto accompagnare Massimiliano in Svizzera e tornarcene a casa senza passare dai Carabinieri. Invece ci siamo autodenunciati — io e Felicetta Maltese per avere guidato, Marco Cappato per avere organizzato e finanziato il viaggio come responsabile legale di Soccorso Civile — perch quel quarto requisito ingiusto e perch Massimiliano aveva deciso di rendere pubblica la sua richiesta, sperando che potesse essere utile ad altri. Sul sito dell’Associazione Luca Coscioni per la libert di ricerca scientifica possibile ascoltare le sue parole, come quelle del padre Bruno: Il corpo suo, lo sente lui cosa soffre. E noi non possiamo dire di no. Sarebbe solo egoismo, per farlo soffrire ancora di pi. Vorrei che fosse una cosa fatta in Italia.

Torniamo in Italia? gli chiedo. Avrei voluto farlo salire di nuovo sul pulmino e guidare indietro, fino a casa, ma non mica la mia volont che conta per la vita di un altro. Abbiamo riso, ci siamo anche divertiti in queste quarantotto ore o poco pi. Ci ha preso in giro, ci ha consolato. Lui a noi. A volte le promesse che fai a una persona riesci a mantenerle con qualcun altro. Tutte le persone che mi vogliono bene rispettano questa scelta, ha detto Massimiliano. Fatelo anche voi.

LA LEGGE E LE SENTENZE
La legge sul consenso informato e le direttive anticipate recita: Ogni persona capace di agire ha il diritto di rifiutare, in tutto o in parte, … qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario … e di revocare il consenso (indicato dal medico per la sua patologia) o singoli atti del trattamento stesso. Ha, inoltre, il diritto di revocare in qualsiasi momento… il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento
La sentenza 242 della Corte Costituzionale stabilisce che non reato aiutare una persona a morire se: in grado di prendere decisioni libere e consapevoli, affetta da una patologia irreversibile con sofferenze insopportabili, tenuta in vita da un trattamento di sostegno vitale

3 febbraio 2023 (modifica il 3 febbraio 2023 | 08:28)

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