Vialli e Mancini: «Noi come fratelli»

di Stefania Ulivi

Presentato al TFF «La bella stagione» di Marco Ponti, racconto di una cavalcata epica: dallo scudetto con la Samp agli Europei

TORINO Fratelli più che amici. Gianluca Vialli lo precisa all’inizio del film che racconta un legame indissolubile, quello tra lui e Roberto Mancini. È La bella stagione di Marco Ponti, ieri fuori concorso al 40°Torino Film Festival. Un legame nato oltre 30 anni fa, a Genova, nella Sampdoria del presidente Paolo Mantovani e Vujadin Boskov che conquistò, mai successo prima, lo scudetto, e che si è rinnovato nell’estate di due anni fa con la conquista degli Europei 2020, con i due «gemelli del gol» di nuovo riuniti, Mancini allenatore, Vialli nello staff.

Insieme sono venuti a Torino a presentarlo con i loro compagni e coprotagonisti: Marco Lanna, Ivano Bonetti, Pietro Vierchowod. Manca Toninho Cerezo ma si continua a ironizzare sulla sua età (dilemma risolto nel film da Paolo Villaggio che la sera dello scudetto chiuse la partita: «Ha 109 anni»). Un documentario, prodotto da Groenlandia con Rai Cinema, nelle sale dal 28 al 30 novembre e il 1° dicembre con 01 («Sembra il risultato di una partita», scherza Vialli), che va oltre il racconto dell’impresa calcistica. «Una profonda esperienza umana di grandi campioni che sono sopratutto grandi uomini», spiega il regista.

Alla base di tutto, ricostruisce Vialli, il libro scritto «tutti insieme» per festeggiare il trentennale della bella stagione. «Volevano fosse una cosa diversa dal racconto di gol e partite, l’abbiamo fatto per raccogliere fondi per l’ospedale Gaslini di Genova. Visto il successo abbiamo pensato al film. Come dice Antonio Capuano a Sorrentino in “È stata la mano di Dio”, sei hai qualcosa da dire, fai il cinema. Noi qualcosa da dire l’avevamo». L’amicizia tra Mancini «attaccante libero» e Vialli «bomber, attaccante» e tutti gli altri.

«Amici per davvero. Uniti da valori comuni, senso di appartenenza, sogni e una necessità assoluta di cazzeggiare. Siamo riusciti a ottenere quei risultati sempre divertendoci molto», sottolinea Vialli. «È vero — rilancia Mancini —, è una storia d’amore. Ogni giocatore era innamorato dell’altro, tutti del nostro presidente che ci ha fatto credere alla sua visione: che fosse possibile vincere pur non essendo i favoriti. Credo sia una storia irripetibile. Noi abbiamo vissuto il calcio migliore». Il ct della Nazionale non si sbilancia oltre.

Dallo schermo riemergono i ricordi: il patto comune di restare alla Samp fino alla conquista dello scudetto. E i festeggiamenti in campo: tutti in mutande perché ogni altro indumento era stato regalato ai tifosi che avevano invaso il campo. Vialli ammette: «Ogni volta che rivedo le foto penso che l’avrei potuta gestire in modo diverso dal punto di vista estetico». Stanno seduti accanto mentre si raccontano. Vialli non si sottrae al racconto della malattia.

«Otto anni fa ho scoperto di avere un tumore. Ho scelto di non considerarla una battaglia perché il cancro è un avversario troppo difficile da sconfiggere. È un viaggio in treno con un passeggero sgradito, sperando che scenda presto». Per un anno e mezzo lo ha tenuto segreto. «Non volevo dirlo a Roberto per proteggerlo. Quando ne abbiamo parlato mi ha risposto: “lo sapevo già”. Fa tanto il figo, poi…». Poi c’è l’abbraccio di Wembley l’11 luglio 2021. «C’era tutto: amore, amicizia, paura. Tante cose».

26 novembre 2022 (modifica il 26 novembre 2022 | 20:50)

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, 2022-11-26 19:50:00, Presentato al TFF «La bella stagione» di Marco Ponti, dallo scudetto con la Samp agli Europei, Stefania Ulivi

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