Vika, la sommelier «italiana» uccisa da un drone in Ucraina, e la sua ultima frase: «Basta lamentarsi»

di Lorenzo Cremonesi

Viktoria Zamechenko lavorava per la più importante azienda importatrice di vini in Ucraina. Aspettava un bambino, è morta abbracciata al marito nel loro appartamento a Kiev, colpito da un drone

DAL NOSTRO INVIATO
KIEV — Sarà capitato anche a voi di rinviare una decisione che ritenete importante senza un motivo preciso, così, per pigrizia, per abitudine, e alla fine di ritrovarvi vittime di eventi che in qualche modo avevate previsto. In tempi di guerra si può pagare con la vita. Ma Viktoria Zamechenko (Vika per gli amici) assieme al marito Bogdan erano felici di essere al mondo, entrambi 32enni, sposati dal 2019, aspettavano un bambino e, pur vivendo nella Kiev minacciata dai raid russi, sinceramente credevano che la morte fosse affare di altri. Lui assunto da una ditta in pieno boom dell’high tech, lavorava da casa e faceva un mucchio di soldi. Lei sommelier alla Wine Bureau, probabilmente l’azienda importatrice di vini più importante dell’Ucraina che l’anno scorso aveva venduto oltre 1.200.000 bottiglie, delle quali il 40 per cento italiane, confidava agli amici di voler lavorare sino ai primi di dicembre, l’ottavo mese della sua gravidanza, e solo allora sarebbe rimasta a casa.

Erano il condensato di questa città in continua crescita, indaffarata, agile, totalmente aperta all’Europa occidentale, dove i giovani come loro considerano l’invasione voluta da Putin una pazzia fuori tempo. E non sprecano più una parola per condannare il dittatore. «Putin è il male assoluto, ma nessuno ripete ogni giorno che il diavolo è il diavolo. Neppure Vika lo faceva: si concentrava sulle piccole preoccupazioni quotidiane», spiega adesso il 30enne Roman Remeiev, che lavorava con lei e assieme tre anni fa avevano percorso in lungo e in largo i vigneti toscani per contattare i produttori. Lunedì mattina alle 6.30 un drone iraniano sparato dai russi ha colpito il loro appartamento vicino alla stazione ferroviaria. Li hanno trovati semicarbonizzati, ma ancora abbracciati, con il loro gatto vicino. È stato Roman a postare sui social locali l’ultima frase che lei gli disse domenica sera: «Dobbiamo lamentarci di meno». Oggi è diventata virale, è rimbalzata oltre 200.000 volte tra Facebook e Telegram, con migliaia di commenti.

Dopo i grandi bombardamenti di missili russi S300, che il 10 ottobre avevano causato una ventina di morti nella capitale, Vika aveva confidato a Roman che se Bogdan avesse insistito lei sarebbe stata contenta di trasferirsi a Leopoli. Il loro appartamento era stato investito dagli spostamenti d’aria, che avevano infranto i vetri delle finestre. Lui, a dire il vero, ne aveva accennato. Ma con il bambino in arrivo volevano comprare casa, cercavano qualche cosa di definitivo e poi la città aveva ripreso subito a funzionare come prima. Insomma, avevano rinviato: troppo occupati a vivere per pensare alla morte. Non è strano che la loro tragedia di normalità e rischio sia adesso tanto popolare tra gli ucraini.

19 ottobre 2022 (modifica il 19 ottobre 2022 | 10:31)

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