di Alessandro Fulloni
Mancano cinque giorni alla chiusura — per via di una causa giudiziaria — di un museo che rappresenta un pezzo di storia italiana: quello di Villa Sant’Agata dove ha vissuto il geniale compositore. Domenica 300 visitatori
Mancano circa 120 ore (più o meno cinque giorni) alla chiusura — per via di una causa giudiziaria — di un museo che rappresenta un pezzo immenso, gigantesco, della storia italiana: quello di Villa Sant’Agata, la residenza nella quale abitò il compositore Giuseppe Verdi per circa cinquant’anni. A ricordarci quello che sta succedendo è stato il quotidiano Libertà che ieri ha mandato un’inviata, Elisa Malacalza, a raccontare gli ultimi palpiti di vita — peraltro ancora forti e vigorosi — della struttura museale a Villanova sull’Arda (nel Piacentino) dove domenica scorsa sono stati «staccati» oltre 300 biglietti. Melomani arrivati da tutta Italia (dalla Lombardia alla Sardegna) per un ultimo tributo al geniale compositore, icona del nostro talento artistico, volto risorgimentale paragonabile a Cavour, Garibaldi e Mazzini.
Ma in sintesi: chi occupa attualmente la villa e gestisce il museo, cioè Angiolo Carrara Verdi, discendente diretto del musicista, è stato «sfrattato» per decisione della giustizia civile che, dopo una sentenza di Cassazione, ha messo fine ad una battaglia legale, tra fratelli, durata 20 anni. Domenica 30 ottobre sarà l’ultimo giorno di apertura del museo. La Suprema Corte ha infatti deciso che l’eredità di Alberto Carrara Verdi, scomparso nel 2001, deve essere divisa tra i figli in parti uguali (Maria Mercedes, Ludovica, Angiolo ed Emanuela, quest’ultima deceduta nel 2020). Ma siccome nessuno dei tre è in grado di rilevare le quote dell’altro, la casa-museo dovrà essere messa in vendita. «Devo lasciare l’abitazione che ho tutelato e salvaguardato per 53 anni – aveva raccontato nei giorni scorsi a Libertà proprio Angiolo Carrara Verdi -, quando sono tornato, dopo la morte di mia madre, ho rilevato tutte le quote della parte museale. Per me villa e museo non sono mai state due entità separate. E dato che non posso più abitare a Sant’Agata, non posso nemmeno più occuparmi del museo. Liquiderò la società».
Museo dunque chiuso, anche se per legge c’è un vincolo di visitabilità del bene che diventerà ora un onere del giudice o di chi subentrerà. «Il Tribunale probabilmente invierà un custode o un notaio che la possa tutelare — conclude l’erede di Giuseppe Verdi — mi auguro solo che qualcuno intervenga, colga l’attimo per l’acquisto, perché la paura è che rimanga abbandonata a se stessa. Speriamo ci si qualche filantropo, o lo Stato stesso che ha diritto di prelazione, che eviti succeda».
Contro questo sfratto intervengono oggi in parecchi, a partire da Luciana Dallari, presidente dell’associazione Le Verdissime.com, gruppo al femminile impegnato a diffondere la musica verdiana, che sottolinea come il «subordinare a una mera questione di eredità tra fratelli la casa di Giuseppe Verdi sia assurdo, non si puo’ pensare che venga venduta magari a un russo, un coreano, un cinese o un americano». Il consigliere regionale Giancarlo Tagliaferri (FdI), dal canto suo, interroga il presidente Stefano Bonaccini su come la Regione di attiverà «affinché la Villa e il museo non cadano nel dimenticatoio» mentre il sindaco di Villanova Romano Freddi, infine, ricorda di aver scritto già nel giugno scorso al Ministero della cultura e all’allora ministro Dario Franceschini senza ottenere risposta. «In quella lettera — spiega — paventavo quello che ora sta accadendo, con la chiusura del museo e il probabile avvio di un’asta».
Proprio Bonaccini, nei giorni scorsi, ha prospettato una specie di «piano di salvezza». «Confermiamo il canale aperto con il ministero e la soprintendenza competente per arrivare all’acquisto da parte dello Stato: siamo pronti, come Regione Emilia-Romagna, a fare la nostra parte — ha detto il governatore — in modo da garantire il più alto livello di collaborazione istituzionale possibile per Villa Verdi, tanto più in questa fase così delicata. Siamo perfettamente consapevoli dell’inestimabile valore storico, architettonico e culturale che questo complesso porta con sé».
La proprietà nel comune di Villanova venne acquisita da Giuseppe Verdi nel 1848, a quel tempo il compositore, dopo di che il maestro, decise di costruire la villa che fu completata nel 1880. Originariamente, la casa fu acquistata per i genitori dal compositore, Carlo Verdi e Luigia Uttini, messi nella villa di Sant’Agata per volontà del maestro, ma dopo la morte di sua madre, il padre tornò a vivere a Busseto. Verdi e Giuseppina Strepponi, cantante d’opera con la quale visse da allora prima di sposarsi nel 1859, si stabilirono a Sant’Agata nel 1851. Verdi fece aggiungere due ali alla costruzione originale, completando il tutto con una imponente terrazza sulla facciata, le serre, una cappella e la rimessa per le carrozze sul retro. Verdi e Giuseppina dedicarono molto tempo per l’espansione del parco.
( Domenica i visitatori — è il racconto di Libertà — sono stati presi per mano dalle guide museali per una delle ultime visite. Qualcuno ha fotografato il cartello all’ingresso della Villa. «Tutto a metà prezzo per cessata attività», avvisava il cartello dello shop dove si vendono souvenir, vecchie cartoline delle stanze in velluto e legno, calamite, poster, matite, orecchini a forma di nota musicale, acquerelli, violette di Parma che tanto piacciono agli stranieri. E chissà se quel cartello rappresenta davvero l’epitaffio calato sulla vita del museo…).
25 ottobre 2022 (modifica il 25 ottobre 2022 | 14:12)
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, 2022-10-25 13:21:00, Mancano cinque giorni alla chiusura — per via di una causa giudiziaria — di un museo che rappresenta un pezzo di storia italiana: quello di Villa Sant’Agata dove ha vissuto il geniale compositore. Domenica 300 visitatori, Alessandro Fulloni