La vita dei senzatetto con 10 euro al giorno: Mio figlio lavora qui, finge di non conoscermi. Giuro che mi rialzerò

di Marco Imarisio

Sotto i portici di Torino, tra gelo, coperte e cellulari nascosti nelle mutande. Antonino: Prima ho finito gli amici, poi i soldi. Cristina: Vorrei andare al mare con il mio nipotino. raddoppiato in 3 anni il numero di chi vive per strada: tanti tra i 40 e i 60 anni

Dal nostro inviato
TORINO — I o nella vita una cosa l’ho capita, che la gente cattiva. Cristina aveva un figlio, un marito, una casa, un impiego, e ora non ha pi niente. Uno schiocco di dita. Ci vuole tanto cos, basta un attimo. Chiss quando successo. Quando si rotto il ghiaccio sotto ai piedi di una esistenza normale. Quale stata la disperazione che ti ha obbligato a convincerti che questo strato di cartone sopra al marmo freddo e queste coperte che non bastano mai sono stati davvero una scelta, e non un vicolo cieco. Se cadi, sono contenti, e gli piace lasciarti a terra, li fa sentire fortunati. Cristina considerata la decana dei portici. Quando parte per i suoi viaggi senza destinazione, nessuno occupa il suo posto sotto all’insegna luminosa del negozio Mont Blanc. Se un nuovo arrivato ci prova, trova sempre qualcuno pronto a fargli cambiare idea, con le buone o con le cattive. Ma lei non fa mai caso a quel che le succede intorno. Tutto il suo mondo e i suoi ricordi stanno dentro un sacchetto da supermercato, oggetti sparsi alla rinfusa, che lei estrae per esibirli come fossero una prova, non sempre stato cos, anche io sono stata come voi, anche io sono stata felice. Ho pure un nipotino, lo sa? Guardi la foto, come bello. una donna impegnata a conservare la propria dignit, che per prima cosa mostra le sue unghie pulite e il suo astuccio per la toilette agli estranei che la stanno disturbando. Stavo per andare a letto dice con la sua voce da cantilena piemontese. E ci aggiunge un sorriso che richiede complicit. Ma difficile ricambiarlo.

Le strade del lusso

Notte di inizio febbraio. Tira un vento gelido, uno sguardo al telefonino rivela che siamo gi sottozero, tra due ore si scender a -4. Per tutte queste persone accampate tra via Roma e Galleria San Federico magari normale. Per fa proprio tanto freddo, da battere i piedi sul selciato dove loro invece dormono, o almeno ci provano. Gli articoli sui clochard all’addiaccio sono come le strenne natalizie, riservano sempre poche sorprese, quando arriva la stagione si guarda e si scrive, poi finisce l, fino al prossimo inverno. O al prossimo dolente ritratto sul morto senza nome dimenticato da tutti. Torino ne una capitale, a malincuore. Oltre 2.200 persone senza casa, una ogni cinquecento abitanti. Negli ultimi tre anni sono raddoppiate. Via Roma e i suoi portici sono il cuore commerciale della citt, una passerella a cielo aperto. Tutte le sere intorno alle 19.30 come se avvenisse un passaggio di consegne tra il popolo di sopra e quello di sotto. Gli ultimi pendolari corrono verso la stazione di Porta Nuova, i turisti rientrano in hotel, pregustando le cene, la partita in televisione, il calore di una casa. Le strade del lusso si svuotano. Come dal nulla, spuntano decine di persone, che attendevano solo il momento per sistemare il loro giaciglio, le loro cose chiuse nei sacchetti, ammassati in carrelli della spesa sbilenchi. All’ultimo censimento fatto dei vigli urbani, un mese prima della pandemia, si contavano nel giro di poche centinaia di metri circa 250 senza fissa, come li chiamano gli operatori sociali, lasciando cadere dalla definizione quel dimora ormai inutile. Quando la trasformazione compiuta, il contrasto tra le vetrine illuminate dei negozi alla moda e quelli che ci dormono fuori non potrebbe essere pi violento.

Sacchetti e riviste

una vita che consuma, che ti spegne come una candela. Ma hanno fatto pi male i dispiaceri. Ogni tanto Cristina fugge, non solo dal freddo di questi marmi, ma da un dolore al quale non riesce a dare un nome. Sale su un treno interregionale che la porta in Liguria, e poi verso il mare, su fino alla Costa Azzurra. Immagino di fare le vacanze con mio nipote, che oggi dovrebbe avere sette anni. Ma poi mi viene in mente che non so neppure pi dove abita, che forse non saprei riconoscerlo. E torno indietro. Scende per ultima e fa incetta di giornali e libri dimenticati dagli altri passeggeri. Tira fuori da un altro sacchetto una guida di Nizza, un libro in francese di Anna Politkovskaja, giornali vecchi di qualche giorno. Cerco di tenermi aggiornata, di capire qual il nostro futuro. Vivere per strada non significa mica essere privi della propria dignit. Ma a cominciare dai verbi sempre coniugati al passato, tutto in lei induce al rimpianto. Dal balcone di casa sua vedeva i soldati della caserma di fronte che ogni sera uscivano a suonare il silenzio. Suo marito era un tecnico della Fiat. Poi cosa successo, Cristina? La gente muore, la gente che resta delude. Chi pi debole sta male. Io non ce l’ho fatta, non ho retto. Ma un giorno mi rialzer. Sono qui di passaggio. Appena trovo una casa, mi sistemo.

In cerca di un riparo

Nessuno dice di essere qui per restare. La rientranza nel portico del cinema Lux uno dei luoghi pi riparati. gi passata mezzanotte quando una voce chiama da sotto un cumulo di coperte. Antonino, 44 anni, un tempo artigiano decoratore a Moncalieri. Problemi con le droghe, una denuncia durante il lockdown per avere aggredito un carabiniere. Una fidanzata che non ne poteva pi di lui. Prima sono finiti gli amici, poi i soldi. La solitudine sempre l’inizio della discesa. Fino a Natale racconta di essere stato ospite del dormitorio di Rivoli. Ma l comandano gli africani. E poi qui si sta meglio, almeno non hai obblighi. Giaccone, cuffia di lana, scarpe ai piedi, telefonino e portafoglio nascosti nelle mutande. La notte si dorme poco. I piccioni disturbano, il mal di schiena morde, ogni tanto qualcuno prova a rubare qualche oggetto al proprio vicino di giaciglio. Antonino conosce tutto e tutti, vita, morte e miracoli. Ma racconta di essere arrivato in Galleria San Federico appena tre mesi fa. pi facile “scollettare” con i passanti che trovare un lavoro. Per fare la spesa al Lidl mi bastano dieci euro al giorno. Tanto alle 22.10 arrivano sempre i volontari con il cibo caldo. Se fai passare troppo tempo finisce che ti ci abitui. Ancora qualche giorno e me ne vado.

Nel mondo di sotto

La foto di denuncia fa sempre il suo effetto, anche se negli anni ha perso ogni significato. La prospettiva di via Roma una lunga fila di rudimentali fagotti, i sacchi a pelo sono merce rara, uno per ogni rientranza di negozio, illuminati dalle insegne dei marchi pi famosi e di prestigio. Ma non c’ causa e non c’ effetto. Non il consumismo altrui che trasforma una donna o un uomo in un clochard. come se le crisi economiche degli ultimi anni avessero ridisegnato la mappa del cosiddetto disagio sociale, definizione quasi rassicurante coniata per nascondere la nostra paura dell’abisso, della povert estrema, che non sembra ma l a un passo. Non ti accorgi del piano inclinato, e ci scivoli sopra. Nel gennaio del 2020 uno studio dei Servizi Sociali del Comune aveva tolto qualunque patina da scapigliatura e di ribellione al destino di chi dorme per strada. Pi della met dei senza tetto era di nazionalit italiana e aveva un’et compresa tra i quaranta e i sessant’anni. I giovani, solo stranieri, quasi tutti dell’Europa dell’Est, perch il Covid ha cambiato ancora una volta tutto obbligando intere comunit all’esodo. Anche nel centro di Torino come se il mondo di sotto fosse diviso in due. Agli italiani vanno gli anfratti pi riparati, conservati talvolta con l’aiuto dei volontari che forniscono lucchetti e catene per fissare il proprio bagaglio. Quelli in galleria, quelli dove c’ una qualunque sporgenza che protegge e rende pi tollerabile il freddo. I rumeni appena giunti da Satu Mare, centomila abitanti ai piedi delle montagne di Transilvania, dormono dove capita insieme ai loro cani. Antonio, uno di loro, chiede aiuto. Accanto a lui c’ una sua anziana parente, Adeliana, che trema in modo vistoso. Il suo unico riparo un lenzuolo usa e getta di tessuto sintetico, di quelli che si usano nelle case di riposo. Da noi non c’ niente. Quando arriva la neve grande, veniamo da voi.

Verso la stazione

Alle 4.20 si alzano quasi tutti. A quell’ora apre l’atrio della stazione e il suo bar interno. Esiste un patto tacito con i vigili urbani, niente bisogni in strada, altrimenti i commercianti protestano e arriva la nettezza urbana che carica sui camion la spazzatura e i giacigli. L’unica toilette quella del parcheggio sotterraneo in piazza CLN, ma lontana. Molti clochard usano i pannoloni, che al mattino gettano nei cestini pubblici. Mentre seguiamo il piccolo gruppo che attraversa piazza San Carlo, si sveglia Massimo, che ha preso residenza vicino allo storico Caff Torino. Il suo unicorno appoggiato ai piedi del materassino da yoga sul quale dorme l’esca che usa per attirare le elemosine. Con la barba bianca incolta e lo sguardo buono, diventato un elemento del paesaggio. Ex operaio, un figlio trentenne che lavora in un bar poco distante. Abbiamo il patto che fingiamo di non conoscerci. Trecento euro per la pensione di invalidit, affetto da depressione bipolare. La verit che abbiamo tutti problemi mentali. Altrimenti chi si lascerebbe andare in questo modo?. Fino a qualche mese fa puliva le stalle in un maneggio, poi non ce l’ha pi fatta. Non avere un tetto un lavoro a tempo pieno. Ma sono ottimista, tra poco me ne andr da qui. Anche lui sente il bisogno di ripeterlo, in primo luogo a se stesso. Perch una piccola speranza di futuro vale pi di una casa. Come per Cristina, che cerca solo qualcuno che le voglia bene. Come per Antonino, che aspetta l’aiuto di un amico perduto. Contano i giorni, e sono qui da anni.

11 febbraio 2023 (modifica il 11 febbraio 2023 | 22:23)

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