Volkswagen, l’ipotesi della gigafactory in Italia per le batterie

il mercato

di Bianca Carretto e Fabio Savelli18 mar 2022

È l’ennesimo stress test sulla filiera dell’auto. Non ha ancora inciso troppo sulla catena internazionale del valore ma la crisi in Ucraina sta frenando ulteriormente il mercato in Europa per un duplice effetto. Psicologico-emotivo, perché le immatricolazioni di nuove vetture stanno slittando nonostante la morfina degli incentivi, per la paura di una terribile spirale dei prezzi che sta già riducendo il potere d’acquisto dei consumatori indotti a procrastinare la sostituzione dell’auto. Industriale, per la carenza di componenti. I produttori tedeschi, Volkswagen in primis (che ipotizza di avviare una gigafactory per le batterie nel nostro Paese), faticano a sostituire i cablaggi prodotti in Ucraina. Serve costruire nuovi canali di approvvigionamento anche per l’effetto delle sanzioni occidentali alla Russia che hanno bloccato i grandi colossi del traffico merci, come Msc e Maersk, motivati a stoppare le spedizioni nei principali porti del Paese. A ciò si aggiunge la strutturale carenza di microprocessori per effetto di una domanda globale di chip che si è surriscaldata con la pandemia e ora fatica a ripristinare l’offerta nonostante gli investimenti annunciati dall’Europa e il piano appena svelato da Intel. Motivo che ha indotto Stellantis a bloccare la produzione nel maggiore impianto, quello di Melfi, per nove giorni.

Ecco perché i dati delle immatricolazioni in Europa sono i peggiori di sempre, con l’Italia fanalino di coda di una ripartenza che tarda ad arrivare con un crollo del 22,6% sull’anno precedente. A febbraio poco più di 804mila nuove vetture nel Vecchio Continente, dato Acea, considerando l’Europa allargata anche al Regno Unito. Ma con andamenti divergenti fra i principali mercati, in cui solo la Francia ha una dinamica simile alla nostra con una riduzione pesante della domanda. Nel complesso significa il 5,4% in meno rispetto allo stesso mese del 2021 che già era ai minimi storici. La sensazione è che il mercato dell’auto — alle prese con una delicatissima transizione all’elettrico — fatica a riposizionarsi sul mercato di massa. Le nuove vetture ad alimentazione alternativa scontano ancora un punto prezzo eccessivo anche perché l’annuncio degli incentivi al settore, inseriti nell’ultimo decreto Energia, non si sono ancora scaricati sui listini e dunque alla clientela. Manca un decreto attuativo, del ministero dello Sviluppo, che darebbe trasparenza anche alle politiche commerciali delle case automobilistiche.

L’impostazione governativa, contenuta in una bozza, ha di recente ventilato l’ipotesi di un «price cap», di un tetto al prezzo delle vetture, fissato a 35mila euro (dai 50mila attuali), oltre il quale non si applicherebbero gli incentivi promessi in un ventaglio di risorse che arriva fino al 2030 anche sfruttando i fondi del Recovery Plan. Michele Crisci, presidente Unrae (l’associazione che rappresenta le case automobilistiche estere), ritiene che «si possa creare una distorsione del mercato finendo per penalizzare la crescita delle vetture elettriche» e dunque anche l’ammontare del gettito erariale sotto forma di Iva connesso ad ogni nuova immatricolazione. Tematica connessa anche alla deducibilità ridotta al 20% per le auto aziendali con un tetto fissato a 18.300 euro e al 40% dell’Iva versata. Un trattamento che finisce con rendere indeducibili gran parte dei costi legati alla mobilità, con conseguente penalizzazione della competitività delle aziende italiane nei confronti dei competitori esteri. È una delle concause della crisi del mercato automotive italiano che in pochi anni ha più che dimezzato le vendite del nuovo, passato da 2,4 milioni a poco più di un milione. Servirebbe sostenere le partite Iva che possono assicurare un strutturale, ma parziale, rilancio del mercato dell’auto tramite maggiori acquisti visto il tasso di rotazione più rapido rispetto a quello dei privati.

A cascata anche la produzione di nuove vetture viaggia ai minimi di sempre. Con volumi produttivi che non superano le 700mila all’anno nonostante una capacità produttiva nel Paese che sarebbe più del doppio. Il maggior produttore, Stellantis, archivia il mese di febbraio con un crollo di vetture vendute del 17,5% rispetto al 2021. Non un buon viatico per gli impianti italiani mentre si attende la visita dell’amministratore delegato Carlos Tavares a Torino il 28 marzo. I sindacati chiedono un incontro col top manager perché il piano strategico non ha dissipato i dubbi.

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, 2022-03-18 14:42:00, Mercato europeo giù del 5,4%, Stellantis -17,5%. Volkswagen, ipotesi gigafactory in Italia, Bianca Carretto e Fabio Savelli

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Pietro Guerra

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