Westwood, «dopo la moda punk, anche un piano beauty made in Italy»

Moda

di Enrica Roddolo16 dic 2022

Westwood, dopo la moda punk, anche un piano beauty made in Italy Modelle Vivienne Westwood alla Paris Fashion Week Spring/Summer 2023

Diciotto-Ventotto sono i nuovi numeri vincenti per conquistare il mondo con la moda: chi compra sono i giovanissimi. E poi mai dipendere da affitti milionari ma avere building di propriet, dice a L’Economia, Carlo D’Amario, presidente, socio fondatore, anima finanziaria da sempre della maison Vivienne Westwood. Lei, Dame Vivienne Westwood la regina punk del panorama Fashion sul Tamigi: irriverente, una vita in prima linea con le sue battaglie per Greenpeace, e il suo stile sempre di moda. Tanto che il Financial Times ha scritto ad aprile:Vivienne Westwood still rules: dalla nuova Generation Z alle Millennial. Dalle passerelle a Tik Tok, ancora al centro della scena di moda come negli anni ‘80 quando la sua avventura inizi con tartan e crinoline punk. E conobbe il suo socio e Ceo italiano. Avevo lavorato a Milano con Fiorucci, un genio della moda, e conobbi alla settimana della moda di Parigi una giovanissima Westwood. Mi invit nel suo atelier a Londra. Pi che atelier era la casa di una punk convinta (in partnership con Malcolm McLaren, poi manager della band punk Sex Pistols svilupp il primo progetto moda) ma ci mettemmo in societ: 50-50 — spiega il Ceo D’Amario —. Lei l’anima creativa io la guida manageriale. Il primo problema fu trovare qualcuno che producesse i capi di moda, chiesi allora a Fiorucci e per suo tramite a un giovanissimo Armani. Per un breve periodo iniziammo cos. Poi abbiamo sviluppato nostre manifatture.

Solo immobili di propriet

Da anni ormai a occuparsi di creativit con Vivienne Westwood c’ il marito Andreas Kronthaler, e tutto o quasi, prodotto in Italia nonostante il brand sia quintessentially British. Dove in Italia? S a parte il denim in Tunisia, il resto dai tessuti alla manifattura tutto made in Italy: molto in Veneto, parte in Toscana e parte al Sud perch produrre nel Sud Italia competitivo. In totale contiamo circa 400 dipendenti nel mondo, oltre cento solo in Italia dove in corso Venezia abbiamo headquarters italiano, showroom, negozio. Immobile di propriet come a Londra, a Parigi, a Los Angeles e New York. E sono gli immobili che ci hanno garantiti dalle crisi. Compresa l’ultima innescata dalla pandemia. Come? Niente affitti milionari da pagare anche se la pandemia costringeva a tenere i negozi chiusi. Ma non basta: abbiamo sviluppato anche una forte piattaforma di vendita digitale con un team dedicato di almeno 50 persone. Risultato: oggi il 45% del nostro fatturato fatto con l’e-commerce.

Asia primo mercato

A quanto contate di chiudere l’anno? Sui 200 milioni di euro, grazie al nostro primo mercato che l’Asia, il Giappone dove siamo sempre forti, la Corea del Sud e la Cina. Paesi dove la ricchezza anagraficamente giovane, e questo spiega la regola del 18-28. Oltre all’attenzione agli accessori molto amati a Est. La Cina con i lockdown ha rallentato la corsa di moda e del lusso per. Un rallentamento, credo temporaneo, che ha dato modo agli Usa di riprendere il ruolo di traino dei consumi. Mentre l’Europa ormai un mercato molto maturo, come Atene a un certo punto della storia dell’antichit classica. Il futuro? Continuare a investire sull’e-commerce, che consente una vendita diretta senza intermediari siano un grande department store o un network distributivo. Con l’ecommerce la moda si vende come il contadino vende al mercato i suoi prodotti. Senza costi accessori. E poi allargando l’orizzonte a nuovi mondi, come quello della cosmetica. Il beauty la maison guarda alla nuova frontiera del lusso, per lo sviluppo di una linea di cosmetica, sempre made in Italy. Nel distretto della bellezza lombardo,o meglio stiamo valutando due opzioni: Lombardia ed Emilia Romagna.

Il piano con l’Ethical Council Onu

E se il nuovo mantra della moda globale sostenibilit, Vivienne Westwood con le sue battaglie ecologiste e anti-sistema stata pioniera. Lo facciamo da sempre, abbinando la sostenibilit sociale — dice il Ceo —. Da ultimo, abbiamo guardato al Kenya che il principale importatore di vestiti di seconda mano, con un volume di quasi 200 mila tonnellate di abiti ogni anno venduti nei Mitumba Market, i mercati dell’usato. Con l’Ethical Fashion Initiative dell’International Trade Centre, un’agenzia delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, che aiuta il lavoro di migliaia di micro-produttori artigianali africani abbiamo sviluppato la collezione Made in Kenya firmata Vivienne Westwood e Artisan Fashion.

L’origine del logo ispirato alla regina

In pratica la merce dei Mitumba Market, che cos spesso finisce tra i rifiuti, stata riutilizzata come materia prima. E con piccoli finanziamenti a micro imprese africani si riesce a migliorare la vita delle comunit e anche a sfuggire il rischio di volatilizzarsi in un rivolo di corruzione come spesso per i grandi finanziamenti del passato. Curiosit: come nata l’idea del globo reale come simbolo della maison? Un globo come quello dell’incoronazione della regina Elisabetta II nel 1953 e come quello che vedremo per l’incoronazione di Carlo III a maggio? Con Vivienne, prendemmo effettivamente a modello il globo d’oro reale, ma per dare un tocco Disneyano aggiungemmo attorno gli anelli di Saturno. I colori delle origini dovevano richiamare anch’essi il mondo British: rosso e giallo con il lettering della Royal mail.

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, 2022-12-16 18:39:00, Carlo D’Amario, Ceo e socio di Vivienne Westwood: «Gli abiti sono prodotti in Italia tra Veneto, Toscana e Sud, e lo sarà pure la linea cosmetica. Pensando ai giovanissimi». , Enrica Roddolo

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