Willy, ucciso dai fratelli Bianchi, e quella partita di calcio: «Tirò un rigore, segnò, era pazzo di gioia»

di Aldo Simoni

Messa per il ragazzo massacrato nel 2020, che aveva militato nel Paliano calcio: «In campo trasmetteva carica e grinta. Se subiva un fallo, non diceva neanche una parolaccia». Il presidente: «Sorrideva anche quando perdevamo»

Willy come Nino, il protagonista della canzone di De Gregori. Willy che, un po’ spaventato, si fa avanti e tira il calcio di rigore. E segna. La palla si infila nell’angolino. E poi esulta, si butta a terra, alza le braccia al cielo, fa le capriole, felice come non lo era mai stato nelle partite disputate con la squadra del suo paese. Willy abbracciato dai suo compagni. Willy con la lacrime di gioia negli occhi. Sono passati due anni dall’omicidio del 21enne a Colleferro, e loro, i genitori di Willy Monteiro Duarte, sebbene il processo sia finito con due ergastoli per i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, non hanno mai detto (nemmeno agli amici più cari e al parroco) se hanno, o meno, perdonato gli assassini del loro figlio. Però adesso è il momento del ricordo lieve, del sorriso. Per martedì 6 settembre, alle 18, è prevista una messa nella chiesa di Sant’Andrea, a Paliano, in ricordo di Willy, alla quale parteciperà anche la nutrita comunità capoverdiana di Roma. Non mancherà l’allora presidente del Paliano Calcio, Gianfranco Bicorni, che ha ancora negli occhi Willy mentre indossava la maglia della sua squadra.

Il presidente è insieme sincero e commosso, nel rivivere quei momenti in cui si trovava a brodo campo. «Willy non era particolarmente dotato e, quindi, non faceva parte della rosa degli undici titolari. Ma la sua presenza era fondamentale perché faceva gruppo. E in una squadra come la nostra valeva forse più di un capocannoniere». E quella sua capacità di unire il gruppo è stata così profonda che “gli amici di Willy , quei ragazzi con la maglietta bianca che abbiamo visto nel corso delle udienze in Tribunale, per la maggior parte sono loro. I suoi compagni di squadra».

Ma Willy è sempre nel cuore anche dei compagni , a cominciare da Marco, il capitano: «In campo ci trasmetteva sempre carica e grinta. Non ricordo che abbia mai commesso un fallo. Nemmeno tentato. Era un centrocampista e, quindi, di contrasti ne faceva… ma è stato sempre il più corretto in campo. Era abbastanza alto, gracile e mingherlino. Di calci ne prendeva. Ricordo che, ad ogni spinta, finiva a terra, magari dolorante, ma non ha mai reagito, nemmeno con una parolaccia».

L’emozione più forte? «Ricordo che, quando militavamo tra gli Allievi (quell’anno arrivammo terzi) il mister, a fine campionato, volle dargli una grande soddisfazione e, nel corso del secondo tempo, gli fece battere un rigore. Per lui, che non aveva mai segnato un gol, quel gesto fu un momento di grande emozione. Prese la rincorsa e infilò la porta. Tutti noi compagni corremmo ad abbracciarlo e ci stringemmo attorno a lui. Saltava e gioiva come non mai. Fu una scena commovente. A fine gara, poi, era sempre il primo che riprendeva i palloni e le borracce e le riconsegnava negli spogliatoi». E Giorgio Marucci, responsabile dello Stadio, ricorda : «Era il più ordinato di tutti. Lo ricordo quando si avvicinava allo spogliatoio con il borsone sulle spalle. Aveva sempre una battuta per tutti».

«Con noi – riprende il presidente Gianfranco Bicorni – ha giocato due anni con i Giovanissimi e altri due anni con gli Allievi. Il mister, Massimiliano Di Lolli, gli voleva un gran bene e, nel secondo tempo, lo faceva quasi sempre entrare. Per noi non era importante la classifica, ma giocare per divertirci. E il mister ci teneva molto a questa “rotazione”. Poi, quando era in campo, era una gioia per tutti, a cominciare dai compagni che ringraziava sempre con il sorriso». E quando si perdeva? «Non ne faceva un dramma, la prendeva sempre con un sorriso. Se i compagni, nello spogliatoio, erano arrabbiati e nervosi, lui aveva sempre la parola giusta per smorzare la tensione e riportare la serenità nel gruppo. Il non essere nella rosa dei titolari non gli importava. Non ci restava male, come tanti altri ragazzini della sua età».

Come lo conobbe? «In giro, per Paliano, avevo notato quel ragazzo sempre discreto e riservato. Sembrava quasi emarginato. E allora decisi di coinvolgerlo nella nostra squadra. Ricordo che, le prime volte, andavo io stesso a prenderlo a casa, con la macchina, e lo accompagnavo agli allenamenti. Poi, sul tardi, lo riportavo. E subito si fece voler un gran bene. Il primo paio di scarpini glielo regalò il mister». Si integrò subito? «Il calcio è stato fondamentale per Willy: lo ha fatto integrare perfettamente nella comitiva dei ragazzi della sua età. E, alla fine, ne è diventato un punto di riferimento. Quando andai a prenderlo a casa, per la prima volta, non aveva nemmeno 13 anni. Ed i genitori, per questo, mi hanno ringraziato centinaia di volte. Da allora siamo rimasti sempre in contatto e siamo diventati grandi amici. Ancora oggi».

E nelle trasferte? «Sapevo che i genitori, Lucia e Armando, erano spesso impegnati nel lavoro; perciò nelle trasferte, di sabato, andavamo a prenderlo a casa, a rotazione. Quando, invece, giocavamo di domenica, papà Armando era sempre lì, sugli spalti, e non perdeva una partita». Domani tutti i compagni saranno in Chiesa, a Paliano. A cominciare dal Presidente: «La famiglia ha una grande forza interiore, probabilmente derivante dalla loro religiosità. Non so se hanno mai perdonato gli assassini. Noi no. Nessuno di noi li ha mai perdonati».

Il perdono è una parola che, pure tra gli amici, è difficile da pronunciare. «C’è un sentimento di rabbia mista a dolore profondo quello che si prova quando un’amicizia viene spezzata per sempre. Senza motivo». Nicholas ha 22 anni ed era uno dei più cari amici di Willy: «Questi mesi passati sono stati particolarmente difficili per me e per i miei amici – racconta Nicholas, studente di informatica e operaio-. La principale sensazione che ho avuto è stata di amarezza quando, davanti a fatti evidenti e realmente accaduti, si è cercato di negare l’evidenza». Don Paolo, il parroco della chiesa della messa a suffragio, sul perdono della famiglia dice parole eloquenti: «Mamma Lucia è una donna estremamente riservata. Si sarebbe infilata sotto terra, dopo il processo, per non parlare. Viene spesso in Chiesa e ci dà una mano per le pulizie della parrocchia. Ebbene, il dilemma del perdono se l’è sicuramente posto, ma dobbiamo sempre tener presente che ci sono due livelli: il perdono mediatico e il perdono del cuore». Come per dire: il primo non ci sarà, il secondo c’è già stato.

Tutta la comitiva, il legame con Willy se lo è tatuato addosso. Anche mamma Lucia (che ancora oggi prende il treno, tutti i giorni, per prestare servizio presso un paio di famiglie, a Roma) è rimasta amareggiata e rattristata durante il processo, quando tutti gli imputati si dichiaravano innocenti e dicevano di non aver toccato Willy. «Io so soltanto che ho perso un figlio che non si è ucciso da solo. Qualcuno è stato» ha sempre ripetuto mamma Lucia. La donna quando ha ricevuto la medaglia d’oro al Valor Civile concessa dal presidente Mattarella a Willy, ha detto: «Non mi piace pensare a mio figlio come ad un eroe. Lui voleva bene ai suoi amici e amava l’amicizia. Era un ragazzo come tanti, che si impegnava per avere un futuro migliore. Purtroppo è andata così. Oggi con me porto nel cuore tante mamme che hanno perso i loro figli».

5 settembre 2022 (modifica il 5 settembre 2022 | 15:42)

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, 2022-09-05 13:41:00, Messa per il ragazzo massacrato nel 2020, che aveva militato nel Paliano calcio: «In campo trasmetteva carica e grinta. Se subiva un fallo, non diceva neanche una parolaccia». Il presidente: «Sorrideva anche quando perdevamo», Aldo Simoni

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