Yelfry Rosado Guzman, ferito a Pescara: «Ho paura di non poter più usare le gambe, ma voglio tornare a combattere sul ring»

di Alessandro Fulloni

Il cuoco è stato ferito da un cliente, Federico Pecorale, che gli ha sparato al collo, alla testa e al torace. «Ha detto che gli arrosticini erano insipidi», racconta Guzman. «I medici mi hanno rassicurato, ma so che ci vorrà del tempo per tornare a una vita normale»

«Il mio sogno adesso? Tornare sul ring, tornare a combattere, a boxare. Ci pensavo già da prima che succedesse tutto questo, e ora ancora di più…». Yelfry Rosado Guzman, 23 anni, è un ragazzone sorridente, l’aria grintosa. Parla in videochat con il Corriere e si capisce subito che sta scalpitando su quel letto presso il reparto di Neurochirurgia dell’ospedale di Pescara dove è ricoverato. Domenica scorsa il 29enne Federico Pecorale, cliente casuale del «Casa Rustì» — il locale dove Yelfry lavorava come cuoco — gli ha sparato cinque colpi di rivoltella, una Beretta calibro 6.35 per cui non aveva il porto d’armi. Pecorale ha fatto fuoco «perché gli arrosticini erano insipidi» riassume pensieroso il ragazzo, origini dominicane e in Italia da dieci anni. «Questo ora è il mio Paese — racconta orgoglioso — qui mi sono diplomato in un istituto meccanico, qui sono diventato papà di Brian, che ha tre anni, e qui programmo il mio futuro».

Tre dei cinque proiettili esplosi da Pecorale — residente in Svizzera dove vive con un sussidio preso dopo un incidente in moto in cui battè la testa — hanno raggiunto Yelfry. «Uno mi ha preso di striscio sulla testa, due sono entrati nel torace e nel collo». Proprio quest’ultimo ha causato le conseguenze peggiori, i chirurgi hanno eseguito un intervento per decomprimere il midollo spinale sofferente. «Sono vivo per un miracolo, sono vivo grazie a Dio. Ma ho il terrore di non poter più camminare» racconta Yelfry sul punto di piangere. Ma poi riprende, energico: «Quando mi impongo con il pensiero di muovere le gambe avverto dei movimenti impercettibili: sono fiducioso, anche i medici mi hanno rassicurato. Ma so che ci vorrà tempo prima di tornare a una vita normale». Yelfry è diventato cuoco «grazie a mamma Melani, mi ha insegnato ogni segreto in cucina: però prima di arrivare a Casa Rustì ho fatto il giardiniere, l’addetto alle pulizie, il vigilante. Lo sport? Ho praticato di tutto, ma preferisco il pugilato dove sono stato due volte campione regionale welter. Ho smesso perché c’è da lavorare, con la mia fidanzata Alice abbiamo tanti progetti».

Di ciò che è accaduto nel ristobar, come ha raccontato anche a Cinzia Cordesco de Il Centro, il cuoco-boxeur ricorda «ogni istante». Pecorale «aveva mangiato un giro di arrosticini e ne ha chiesti altri 10. Mi ha detto, però, di farli più salati perché i primi non sapevano di niente e voleva che non li mettessi uno sull’altro. Quando li ho portati al bancone, li ho scrollati perché pensavo di aver messo troppo sale. Quel gesto deve avergli dato fastidio e mi ha tirato un cazzotto». Yelfry è rimasto di ghiaccio, «avrei potuto rispondere con un diretto, ma sarei passato dalla parte del torto: sono un pugile, non un animale. C’erano poi le telecamere di sicurezza che riprendevano tutto». Il dominicano ha fatto «un cenno con la testa per indicargliele, speravo capisse, si fermasse… Ma lui ha fatto un gesto strano, infilando la mano in tasca, mostrando minaccioso di estrarre qualcosa. Ho pensato: “sarà un coltello…”». Invece «era una pistola, inimmaginabile: una scena da film. A quel punto ho strattonato la mia collega Martina scaraventandola di lato per salvarla, altrimenti avrebbe sparato anche a lei. Mi sono buttato a terra rotolando per schivare i colpi, ma era una furia. Dopo ogni “botta” pensavo: sono morto, tra poco muoio. Invece sono qui. Con il sogno di tornare sul ring».

17 aprile 2022 (modifica il 17 aprile 2022 | 07:54)

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, 2022-04-17 06:09:00, Il cuoco è stato ferito da un cliente, Federico Pecorale, che gli ha sparato al collo, alla testa e al torace. «Ha detto che gli arrosticini erano insipidi», racconta Guzman. «I medici mi hanno rassicurato, ma so che ci vorrà del tempo per tornare a una vita normale» , Alessandro Fulloni

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